Mansur Kikhia: Un Padre, un Documentario, un Mistero Libico.

Il documentario *My father and Qaddafi*, opera prima della regista Jihan K.
, si configura come un’indagine commovente e stratificata, un percorso personale che si intreccia con la storia turbolenta della Libia, dalle ombre del colonialismo alla caduta di Gheddafi e al fragile presente post-conflitto.

Più che una semplice biografia, il film è un atto di memoria, un tentativo di ricostruire l’umanità di Mansur Rashid Kikhia, figura complessa che ha attraversato la politica libica con idealismo e coraggio, per poi scomparire nel mistero.

Mansur Kikhia, giurista e attivista, ricoprì ruoli di spicco nel governo libico degli anni ’70 e ’80, culminando nella carica di ministro degli Esteri e ambasciatore alle Nazioni Unite.

La sua figura, inizialmente strettamente legata al regime, si evolse in quella di un leader dell’opposizione, portatore di una visione pacifica e progressista.
La sua improvvisa scomparsa nel 1993, avvenuta in circostanze opache durante un soggiorno in Egitto, segnò l’inizio di un lungo e doloroso percorso per la moglie, Baha Omary Kikhia, artista di origine siriana e madre di Jihan. Nonostante le difficoltà e le incertezze, Baha non rinunciò mai a chiedere giustizia e a cercare notizie del marito, una ricerca che si concluse tragicamente solo nel 2012 con il ritrovamento del corpo in una villa fuori Tripoli, a circa dieci anni dalla scomparsa.

La regista Jihan K.

, all’epoca solo una bambina e residente in Francia con la famiglia, ha elaborato una profonda ferita, un senso di irrealtà che l’ha accompagnata nel corso della sua vita.

“Ho intrappolato mio padre nel mondo dei sogni”, confida Jihan, spiegando come questa distanza emotiva abbia paradossalmente facilitato il suo approccio al progetto cinematografico, permettendole di condurre un’indagine lucida e impietosa.

Il trasferimento negli Stati Uniti, dopo la scomparsa del padre, ha contribuito a plasmare la sua identità e a fornire una prospettiva esterna sulla complessa realtà libica.
La caduta di Gheddafi nel 2011 e il successivo collasso del governo di transizione, avvenuti pochi giorni dopo la sepoltura di Mansur a Bengasi, hanno ulteriormente amplificato il senso di precarietà e di perdita.

Jihan ha sentito l’urgenza di preservare la memoria del padre, di evitare che svanisse nel caos e nella violenza che affliggono il Paese.
“Volevo andare a cercare la verità per entrambi”, afferma, sottolineando la connessione profonda tra il suo percorso personale e il destino della Libia.
Il documentario non si limita a raccontare la storia di un uomo scomparso, ma si propone di svelare la complessità di un’epoca, di esplorare le dinamiche del potere, dell’ideologia e della repressione.
Attraverso la ricerca della verità, Jihan K.
non solo onora la memoria del padre, ma contribuisce a illuminare un angolo oscuro della storia libica, invitando lo spettatore a riflettere sul significato di eroismo, memoria e identità in un contesto di conflitto e di trauma collettivo.
Il film è un omaggio alla resilienza umana e un appello alla riconciliazione e alla giustizia per la Libia.

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