L’orizzonte del cinema italiano è offuscato da ombre, proiettate dall’imminente fusione tra Netflix e Warner Bros.
Discovery.
Un’operazione che, lungi dall’essere un mero riassetto industriale, rischia di destabilizzare un ecosistema fragile e di compromettere la stessa vocazione delle sale cinematografiche, come ha denunciato l’Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici (Anec) durante le recenti Giornate Professionali di Sorrento.
Il cuore della preoccupazione è legato alla potenziale erosione della finestra di distribuzione, quel periodo temporale cruciale che garantisce l’esclusività dell’esperienza cinematografica in sala.
L’unione delle due aziende solleva interrogativi profondi sulla sostenibilità del modello tradizionale.
La storica centralità della sala, da sempre fulcro di un’offerta culturale diversificata e di un’economia locale vitale, potrebbe essere marginalizzata a favore di una logica prevalentemente orientata allo streaming. L’Unione Internazionale dei Cinema (UNIC), voce autorevole che rappresenta circuiti e associazioni in 39 paesi, ha espresso preoccupazioni analoghe, evidenziando il rischio di una drastica riduzione della disponibilità di titoli e di un’omogeneizzazione dell’offerta, come già sperimentato con l’acquisizione di Fox da parte di Disney.
La prospettiva di vedere una major del cinema scomparire all’interno di una struttura guidata da un colosso dello streaming, noto per la sua tendenza a limitare le proiezioni in sala e a privilegiare l’uscita diretta sulla piattaforma, genera un senso di allarme generalizzato.
Si teme che questa strategia, volta a massimizzare i profitti immediati, possa erodere la capacità delle sale di attrarre pubblico, con conseguenze devastanti per l’occupazione, per la vitalità delle comunità locali e per la stessa cultura cinematografica.
L’attuale modello, in cui i film vengono rilasciati in sala solo per brevi periodi, prima di essere resi disponibili sullo streaming, non solo nega alla sala il tempo necessario per costruire un pubblico, ma svuota di significato l’esperienza collettiva della visione cinematografica.
La progressiva scomparsa di sale, già in difficoltà a causa delle restrizioni pandemiche e della concorrenza dello streaming, aggraverebbe una situazione già critica.
Oltre alla questione delle finestre di distribuzione, l’industria cinematografica italiana attende risposte concrete sulle misure di sostegno previste in manovra finanziaria, con particolare attenzione alla stabilizzazione dei tempi di attuazione degli incentivi a favore delle sale.
Il Presidente Anec, Mario Lorini, lancia un appello al Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, e alla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, sollecitando un confronto istituzionale a livello europeo per tutelare la pluralità dei contenuti, la diversità degli operatori e la valorizzazione dell’esclusiva cinematografica, pilastri fondamentali per il futuro del settore.
La salvaguardia del cinema in sala non è solo una questione economica, ma un imperativo culturale che richiede un impegno corale e una visione strategica a lungo termine.
L’urgenza è quella di difendere il ruolo del cinema come luogo di incontro, di condivisione e di crescita culturale, preservando la sua capacità di narrare storie e di arricchire la nostra società.





