L’ombra di un classico è un peso che ogni regista ambisce a superare, ma che raramente riesce a sollevare del tutto.
François Ozon, con il suo *L’Étranger*, presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia, si confronta con questa sfida titanica, rileggendo *Lo Straniero* di Albert Camus non come adattamento, ma come dialogo.
Un approccio che si distanzia consapevolmente dalla lezione di maestri come Luchino Visconti, il cui *Il Gattopardo* rappresenta un modello di fedeltà letteraria, pur con la sua peculiare interpretazione.
Ozon non intendeva quindi replicare, né emulare.
La sua impresa è diversa: decostruire la pietra miliare della filosofia esistenzialista, estrapolandone l’essenza pulsante e proiettandola nel presente.
*Lo Straniero*, con la sua cruda narrazione dell’indifferenza e dell’assurdo, è un testo che ha attraversato generazioni, ma che oggi, in un’epoca segnata dalla connessione iper-reale, dall’ansia di significato e dalla pressione sociale, risuona con una forza ancora più inquietante.
Il regista francese non si limita a trasporre la trama – la storia di Meursault, un uomo che reagisce con placida indifferenza alla morte della madre e successivamente commette un omicidio, diventando a sua volta oggetto di giudizio – ma scava nelle radici psicologiche e sociali del personaggio.
Il suo *L’Étranger* è un’esplorazione della maschera che indossiamo per conformarci, del silenzio che ci costringe a non esprimere la nostra vera natura, della distanza che ci separa dalla compassione e dall’empatia.
Lontano da una visione moralistica o giudicante, Ozon ci invita a interrogarci sul significato di responsabilità, colpa e redenzione in una società che spesso premia l’apparenza e condanna chi non si conforma.
Il film, con la sua estetica minimalista e la sua narrazione frammentata, riflette la stessa alienazione che affligge il protagonista, disorientandoci e costringendoci a confrontarci con le nostre stesse fragilità.
La scelta di un cast internazionale e l’uso di un linguaggio cinematografico contemporaneo, privo di artifici retorici, amplificano l’effetto straniante dell’opera.
Non si tratta di un semplice omaggio al capolavoro di Camus, ma di una rilettura che ne esalta la modernità, illuminandone le zone d’ombra e interrogandoci sul futuro del concetto di umanità.
Il gesto di Ozon è un atto di coraggio, una sfida al canone, un invito a reinterpretare i classici attraverso le lenti del presente, senza paura di scomporli e ricostruirli in forme nuove e sorprendenti.
La sua *L’Étranger* non è la fine di un percorso, ma l’inizio di una conversazione.