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lunedì 17 Novembre 2025
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Radiohead a Bologna: un’onda sonora dopo otto anni

Il sipario si alza su Bologna, novembre 2025, e l’attesa, sedimentata in otto lunghi anni, esplode in un’onda sonora palpabile.
Le prime note di “Planet Telex” sigillano il ritorno dei Radiohead in Italia, un evento capace di riempire l’Unipol Arena con quindici mila anime in fibrillazione.

Dopo un trionfale passaggio per Madrid, la band di Oxford conquista il palasport di Casalecchio di Reno, dando il via a una serie di quattro date sold-out, un vero e proprio pellegrinaggio per i fan.La scenografia, concepita per creare un’esperienza immersiva, è un’architettura di luci e suoni: un palco circolare, fulcro attorno al quale si muovono Yorke e i suoi compagni, sovrastato da dodici schermi verticali che proiettano immagini evocative e frammentate, quasi oniriche.
L’inizio è un crescendo di energia, con l’immediatezza di un brano estratto da *The Bends* che cede il passo alla pulsazione ipnotica di “2+2=5” e al ritmo incalzante di “Sit Down Stand Up”, trasformando l’arena in un mare in movimento.

Un video sipario, che inizialmente cela la band, si alza gradualmente, rivelando un’interpretazione visiva in continua evoluzione, specchio dell’evoluzione musicale dei Radiohead.
L’assenza prolungata, che aveva interrotto il rapporto con il pubblico italiano nel 2017, sembra aver intensificato la connessione emotiva: ogni parola, ogni nota viene assorbita e restituita in un coro unanime.

Chris Vatalaro, alla batteria, prende il posto di Clive Deamer, apportando una nuova sfumatura ritmica al suono iconico della band.
La performance si sviluppa in un equilibrio dinamico tra momenti di esplosione energetica e introspezione malinconica.

Dopo la vigore di “Bloom” e l’incanto di “Lucky”, la voce di Yorke, potente e fragile al tempo stesso, si intreccia con le complesse architetture sonore create da Jonny Greenwood.

Un’esplosione collettiva accompagna l’esecuzione di “Fake Plastic Trees”, un inno generazionale che testimonia la capacità dei Radiohead di catturare l’essenza di un’epoca.
La scaletta, un viaggio attraverso la discografia della band, spazia da *Hail to the Thief*, l’album più rappresentato in questa tornata, con i suoi tormentati paesaggi sonori, a *Ok Computer*, pietra miliare del rock alternativo.
“No Surprises”, eseguita con una partecipazione attiva del pubblico, si rivela un momento di catarsi collettiva, sigillato dalle prime parole di gratitudine di Yorke.
L’apparizione di “Videotape” e “Arpeggi”, con i cori di O’Brien, aggiunge un tocco di etherealità all’atmosfera.
La progettazione del palco circolare permette a Yorke di interagire con il pubblico da ogni angolazione, creando un senso di prossimità e condivisione.
L’esecuzione di “Everything is in its right place” sembra quasi un mantra, un riconoscimento dell’ordine intrinseco alla creazione artistica.
La seconda parte del concerto, un crescendo di emozioni e vibrazioni, è un susseguirsi di brani iconici: “The National Anthem”, “Daydreaming”, “Subterranean Homesick Alien”, “Bodysnatchers”, e l’apoteosi finale con “Idioteque”.
I supplementari, un regalo inaspettato per i presenti, aprono con una versione acustica di “Fake Plastic Trees” che trasforma l’arena in un luogo intimo e condiviso, per poi esplodere in un’energia rinnovata con “Let Down” e “Paranoid Android”.
Gli acuti penetranti di Yorke si alternano ai virtuosismi chitarristici di Greenwood, creando un dialogo musicale ipnotico.
“You and Whose Army”, l’unico estratto da *Amnesiac*, e la rarissima esecuzione live di “Wolf at the Door” accendono l’atmosfera.
Il concerto si conclude con “Just”, che riprende il filo del viaggio musicale, e l’inno corale di “Karma Police”, un momento catartico che suggella l’esperienza collettiva.
Due ore di musica intensa, 25 brani, un silenzio eloquente interrotto solo dalle note e dalle emozioni condivise.

Meno di ventiquattro ore separano Bologna da un’altra data, un’altra scaletta, un’altra ondata di fortuna per quindici mila persone pronte ad accogliere i Radiohead in un viaggio sonoro indimenticabile, confermando il loro status di leggenda del rock contemporaneo.

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