La nozione di “big” e “non big” nell’attuale panorama musicale, e in particolare in quello sanremese, si rivela un concetto fluido e soggettivo, ben lontano da una definizione univoca e applicabile universalmente.
L’importanza attribuita a una figura artistica non è più determinata da criteri oggettivi di popolarità o riconoscimento storico, ma si configura come un mosaico di esperienze generazionali, interessi individuali e percorsi di scoperta personali.
La rilevanza di un artista è filtrata attraverso le lenti della memoria collettiva di gruppi specifici: una persona matura potrebbe essere profondamente legata alla musica di Patti Pravo, mentre un giovane ascoltatore potrebbe trovare ispirazione e significato nell’opera di Aka7even, artisti che, per altre persone, potrebbero risultare sconosciuti.
Questa frammentazione dell’esperienza musicale suggerisce che la celebrità non è più una condizione assoluta, ma un dato relativo, variabile a seconda del background e delle preferenze di chi osserva.
Il successo del Festival di Sanremo degli ultimi anni risiede proprio in questa capacità di demolire le barriere generazionali, creando un terreno comune dove artisti affermati e nuovi talenti possono interagire e arricchirsi a vicenda.
L’inclusione di voci diverse, capaci di parlare a pubblici differenti, ha contribuito a rendere l’evento un fenomeno culturale di massa, capace di coinvolgere un pubblico eterogeneo.
Un esempio emblematico di questa dinamica è rappresentato dalla carriera di Lucio Corsi.
Un anno fa, il suo nome era pressoché ignoto a molti spettatori, ma la sua performance e il suo brano hanno lasciato un’impronta significativa, culminando nella rappresentanza dell’Italia all’Eurovision Song Contest.
La sua ascesa inaspettata dimostra come il Festival possa fungere da potente vetrina per artisti emergenti, capaci di conquistare il pubblico e di superare le barriere della notorietà preesistente.
Questa capacità di lanciare nuovi talenti, che prima risultano un punto di domanda, è forse l’aspetto più innovativo e prezioso del Festival di Sanremo contemporaneo, una vera e propria fabbrica di nuovi idoli e un terreno fertile per la riscoperta di sonorità e generi musicali.
La vera forza del Festival, quindi, non risiede tanto nell’affermare i “big”, ma nel dare voce a chi ancora non lo è.





