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Trump attacca l’arte woke dello Smithsonian: censura o revisione?

L’amministrazione Trump ha intensificato la sua campagna contro le espressioni artistiche considerate “woke” all’interno dello Smithsonian Institution, una rete di musei, biblioteche e centri di ricerca federale di Washington.
La Casa Bianca ha presentato una lista di ventisei opere e iniziative, ritenute in contrasto con le direttive di “diversità, equità e inclusione” emanate durante il secondo mandato presidenziale.

Questa iniziativa, presentata con tono accusatorio sul sito web della presidenza, si configura come un tentativo di imporre una narrazione storica e culturale specifica, filtrando l’espressione artistica secondo criteri ideologici predefiniti.
Tra le opere “incriminate” figura il dipinto di Amy Sherald, che reinterpreta la Statua della Libertà attraverso la figura di una donna trans afroamericana, e l’opera di Rigoberto González, “Fuga in Egitto: Profughi”, che paragona il viaggio di una famiglia di migranti che attraversa il confine texano alla Sacra Famiglia evangelica, evocando un’analogia provocatoria tra immigrazione e sacralità.
Queste scelte artistiche, insieme ad altre, sono state etichettate come “peccati mortali” contro la visione trumpiana di sessualità, razza e immigrazione, alimentando un acceso dibattito sul ruolo dell’arte pubblica e sulla libertà di espressione.
La reazione da parte della sinistra è stata veemente, con critici che hanno paragonato l’iniziativa alla purga dell’arte “degenerata” perpetrata dal regime nazista, sottolineando il pericolo di una censura ideologica.
Questa analogia, pur controversa, mette in luce la preoccupazione di un’imposizione autoritaria di valori e la repressione di voci e prospettive considerate “non allineate”.

Le opere contestate comprendono anche un’infografica, originariamente prodotta dal Museo Nazionale di Storia Afroamericana durante le proteste Black Lives Matter e successivamente rimossa, che analizzava le strutture familiari, la religione e gli atteggiamenti della cultura dominante bianca.
Un’altra opera criticata è una serie di ritratti commissionati alla National Portrait Gallery, che includeva il medico Anthony Fauci, bersaglio di accuse e teorie cospirative, l’attivista Angela Davis e la candidata Claudia De la Cruz, figure associate a ideologie progressiste.
Questa azione si inserisce in una strategia più ampia, già iniziata lunedì con un post su Truth Social in cui il presidente definiva i musei come l’ultimo baluardo del “woke”, e culminata con l’ordine alla Casa Bianca di sottoporre le istituzioni dello Smithsonian a una revisione completa, in vista del 250° anniversario degli Stati Uniti.

Questa revisione ha lo scopo di garantire una conformità totale con la concezione della storia americana promossa dall’amministrazione Trump, sollevando interrogativi sulla natura del patrimonio culturale nazionale e sul diritto di plasmarne la rappresentazione.
Il conflitto evidenzia una profonda frattura ideologica e un acceso dibattito sul ruolo dell’arte pubblica come specchio e motore di cambiamento sociale.

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