Il concerto di Cesare Cremonini a San Siro non è semplicemente un evento musicale, ma un vero e proprio pellegrinaggio collettivo, un viaggio emozionale che accoglie 57.000 anime in un’esperienza immersiva. Più che un tour, si configura come una catarsi condivisa, un’esplorazione del paesaggio interiore del cantautore e, per estensione, di chi lo accompagna.L’avvio è affidato a “Alaska Baby”, brano manifesto dell’ultimo album, frutto di un intenso viaggio negli Stati Uniti, un’immersione in territori inesplorati sia geografici che spirituali. Da lì, il percorso si snoda attraverso un arco di canzoni che ripercorre le tappe fondamentali della sua evoluzione artistica, dai primi lavori solisti come “Bagus” ai successi che hanno definito la sua carriera. L’impianto sonoro all’avanguardia, meticolosamente progettato, garantisce una resa acustica impeccabile, avvolgendo ogni spettatore in un abbraccio sonoro.”Viaggeremo insieme nei luoghi che ho attraversato,” dichiara Cremonini, invitando il pubblico a condividere le sue esperienze, a trasformare la solitudine in comunione. La musica si rivela allora linguaggio universale, veicolo di liberazione e calore, capace di nobilitare anche le ferite più profonde, di trasfigurare il dolore in bellezza.La scenografia è un elemento cruciale di questa narrazione visiva. Tre ledwall monumentali, sovrastati da cerchi luminosi che sigillano l’identità del tour, proiettano immagini suggestive: deserti sconfinati, ghiacciai maestosi, coreografie artistiche che amplificano l’impatto emotivo della musica. La direzione creativa, affidata a Claudio Santucci (Gioforma) con il prezioso contributo di NorthHouse (studi che hanno lavorato per la Regina Elisabetta e i Coldplay) e l’abile gestione delle luci di Mamo Pozzoli, crea un’atmosfera magica, quasi surreale.La scaletta è un bilanciamento sapiente tra passato e presente. Otto brani di “Alaska Baby” si integrano armoniosamente con i classici, evitando la trappola del semplice “best of”. Il momento di “Acrobati” è particolarmente suggestivo, con Cremonini al pianoforte, apparentemente emergente da un blocco di ghiaccio, mentre i performer danzano all’interno di strutture luminose.Il coraggio di presentare brani inediti, “Ragazze facili” dedicata a chi si sente ancora fragile, sottolinea la sua volontà di creare un legame autentico con il pubblico. L’omaggio a Jovanotti con “Mondo” e le performance successive, che lo vedono seminudo, rivelano una vulnerabilità inaspettata.La presenza di Elisa è un momento di pura emozione. La loro interpretazione di “Aurora Boreale”, accompagnata da un effetto laser che evoca l’aurora stessa, è un’esplosione di bellezza e amicizia. L’annuncio del prossimo concerto di Elisa a San Siro suscita un’ovazione.L’incontro con Luca Carboni, accompagnato da una ricostruzione virtuale dei portici bolognesi, culmina in un’apoteosi collettiva. L’abbraccio tra i due artisti e le parole di commozione di Carboni (“Mi fate sentire a casa”) creano un’atmosfera di profonda umanità.La serata si conclude con un crescendo di energia contagiosa: “50 Special”, “Ballo” (storico bassista dei Lunapop), e una serie di brani iconici che invitano tutti a cantare all’unisono: “Marmellata #25”, “Poetica”, “Nessuno vuol essere Robin”, “Un giorno migliore”. Più che un concerto, un rito collettivo, un regalo di musica e di emozioni per un pubblico in estasi.