Il tessuto ambientale italiano si sta lacerando sotto il peso inesorabile di un’organizzazione criminale che opera nell’ombra: le ecomafie.
Il dato più recente, drammaticamente svelato dal Rapporto Legambiente, certifica un’escalation preoccupante.
Nel 2024, il numero di reati ambientali denunciati ha varcato la soglia dei 40.
000, segnando un incremento del 14,4% rispetto all’anno precedente.
Questa media, che si traduce in quasi 111,2 infrazioni giornaliere, equivalenti a più di 4,6 all’ora, non è semplicemente una statistica; è un campanello d’allarme che risuona con urgenza nel cuore del nostro Paese.
Questi numeri, però, necessitano di essere analizzati nella loro complessità.
Non si tratta di una semplice somma di illeciti, ma di un sistema strutturato, ramificato e profondamente radicato in settori chiave dell’economia nazionale.
Le ecomafie non operano in isolamento, ma integrano attività illecite con la corruzione, l’intimidazione e la collusione con interessi economici e politici.
L’attività criminale si manifesta in molteplici forme: traffico illecito di rifiuti, disboscamento abusivo, alterazione di corsi d’acqua, sfruttamento di cave illegali, inquinamento del suolo e delle acque, bracconaggio, distruzione di habitat protetti, commercio di specie rare e protette.
Ogni singolo reato ha un impatto devastante sull’ecosistema, sulla biodiversità, sulla salute umana e sull’economia legale.
Il disboscamento, ad esempio, non è solo una perdita di risorse naturali, ma un acceleratore del dissesto idrogeologico, con conseguenti rischi di frane e allagamenti.
Lo smaltimento illegale di rifiuti tossici contamina il suolo e le acque, compromettendo la salute delle comunità locali e distruggendo intere filiere produttive.
Il bracconaggio, alimentato dalla domanda di carne illegale e di prodotti derivati da specie protette, decima le popolazioni animali, destabilizzando gli equilibri naturali e impoverendo il patrimonio genetico.
La crescita esponenziale di questi reati è sintomatica di una profonda crisi di valori e di una mancanza di efficacia nel contrasto all’illegalità.
Le ecomafie sfruttano le lacune normative, la corruzione, la lentezza della giustizia e la carenza di risorse per perseguire i loro lucrosi affari.
La loro capacità di adattamento e la loro resilienza sono una sfida costante per le forze dell’ordine, la magistratura e le istituzioni.
È imperativo, quindi, un cambio di paradigma: non basta reprimere i reati ambientali, ma è necessario agire sulle cause che li generano.
Questo richiede un impegno concreto su diversi fronti: rafforzamento della legislazione, aumento dei controlli, miglioramento dell’efficienza della giustizia, promozione della trasparenza e della legalità, sensibilizzazione e educazione ambientale, sostegno alle comunità locali che si oppongono alle attività illegali.
Inoltre, è fondamentale promuovere un’economia circolare e sostenibile, che riduca la produzione di rifiuti e favorisca il riutilizzo delle risorse.
Solo attraverso un approccio integrato e multidisciplinare sarà possibile arginare questa marea criminale e proteggere il patrimonio ambientale italiano per le future generazioni.
Il costo dell’inazione è troppo alto: non possiamo permettere che le ecomafie continuino a depredare il nostro Paese e a compromettere il futuro del nostro pianeta.