Il paesaggio geopolitico globale, già caratterizzato da fragilità strutturali, è oggi segnato da una serie di focolai di conflitto che proiettano ombre pesanti sull’economia italiana, esponendola a rischi sistemici di natura complessa e interconnessa. L’impatto potenziale, quantificato in oltre 61 miliardi di euro, non si limita a una mera contrazione delle esportazioni, ma riflette una vulnerabilità più profonda legata alla dipendenza da fornitori strategici e alla precarietà di filiere globali.L’analisi di Confartigianato mette in luce una correlazione diretta tra instabilità regionale e performance del *made in Italy*. Un buon 9,8% dell’intero volume delle esportazioni italiane è destinato a 25 nazioni direttamente coinvolte in conflitti armati o situate in zone a rischio, aree che rappresentano mercati chiave per settori cruciali come quello manifatturiero, agroalimentare e meccanico. Queste esportazioni non sono solo una fonte di reddito, ma anche un elemento di coesione sociale e un motore di occupazione per le piccole e medie imprese, il vero cuore del tessuto produttivo nazionale.L’aspetto più allarmante, tuttavia, emerge dal fronte energetico. La dipendenza italiana per il 40,7% dall’import energetico proveniente da 17 dei 25 paesi coinvolti in contesti geopolitici instabili – una cifra che si traduce in ben 27,6 miliardi di euro – rivela una criticità strategica di primaria importanza. Questa vulnerabilità non si esaurisce nella mera oscillazione dei prezzi, ma implica un rischio concreto di interruzione delle forniture, con conseguenze devastanti per l’industria, i trasporti e i consumatori. L’incremento dei costi energetici, già innegabile, rischia di alimentare un’inflazione persistente e di compromettere la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali.Il rischio non è semplicemente numerico, ma si traduce in una serie di conseguenze più ampie. La volatilità dei mercati, l’incertezza degli investimenti, la frammentazione delle filiere produttive: sono tutti elementi che minano la stabilità economica e sociale del Paese. La situazione richiede un approccio strategico e proattivo, che vada oltre le misure tampone e che miri a diversificare le fonti di approvvigionamento, a rafforzare la resilienza delle imprese e a promuovere una politica energetica più sostenibile e indipendente.Come sottolinea il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, la creazione di stabilità non è un optional, ma un imperativo categorico per preservare il valore e la competitività del *made in Italy*. Richiede un impegno congiunto da parte del governo, delle istituzioni, delle imprese e dei lavoratori, con l’obiettivo di costruire un futuro più sicuro e prospero per il Paese. La sfida è complessa, ma non insormontabile, a patto di agire con visione, determinazione e senso di responsabilità. L’investimento nella stabilità non è un costo, ma un investimento nel futuro dell’Italia.