A giugno del 2025, un’inquietante tendenza si consolida: l’indicatore Misery Index (MIC), un barometro composito della sofferenza economica e sociale, registra un incremento significativo, arrivando a 10,8.
Questa cifra, superiore di quattro decimi rispetto al mese precedente, maggio, segna un picco inatteso, il più elevato osservato nell’arco dell’anno.
Il MIC, lungi dall’essere una mera statistica, incarna un complesso intreccio di fattori macro e microeconomici che pesano sul benessere dei cittadini.
La sua formulazione, che congiunge il tasso di disoccupazione, l’inflazione, i tassi di interesse e il reddito pro capite, offre una fotografia impietosa delle difficoltà che affliggono la popolazione.
L’impennata di giugno non è quindi un evento isolato, ma il culmine di una spirale negativa che si era progressivamente inasprita nei mesi precedenti.
L’aumento della disoccupazione gioca un ruolo cruciale in questa escalation.
Settori chiave dell’economia, in particolare quelli legati alla manifattura e ai servizi, mostrano segni di contrazione, con conseguente licenziamento di personale e difficoltà per i giovani che cercano il primo impiego.
La precarietà del lavoro, già endemica, si fa ancora più stringente, alimentando incertezza e frustrazione.
L’inflazione, pur attenuata rispetto ai picchi del 2023, rimane un fattore di pressione.
L’aumento dei prezzi, sebbene moderato, erode il potere d’acquisto delle famiglie, rendendo sempre più difficile la copertura dei bisogni primari.
L’aumento dei costi energetici, aggravato dalle tensioni geopolitiche, contribuisce in modo significativo a questa situazione.
I tassi di interesse, mantenuti artificialmente bassi per un periodo prolungato, si preparano a una revisione, una mossa attesa dal mercato ma potenzialmente destabilizzante per le famiglie indebitate e per le imprese che faticano ad accedere al credito.
Il reddito pro capite, indicatore della ricchezza media disponibile per ogni cittadino, mostra una stagnazione preoccupante, incapace di tenere il passo con l’aumento dei costi della vita.
Questa discrepanza acuisce le disuguaglianze sociali, creando un divario sempre più ampio tra chi possiede risorse e chi lotta per la sopravvivenza.
L’indicatore MIC non si limita a quantificare una realtà economica; ne è un riflesso che si traduce in conseguenze sociali concrete: aumento dello stress, peggioramento della salute mentale, incremento della povertà infantile e un diffuso senso di sfiducia verso le istituzioni.
La sua rilevanza risiede nella capacità di segnalare i segnali di allarme precocemente, permettendo ai decisori politici di intervenire con misure mirate e tempestive.
L’analisi del MIC, pertanto, richiede un approccio multidisciplinare, che tenga conto non solo dei dati quantitativi, ma anche del contesto sociale, politico e culturale che li influenza.
Il futuro economico e sociale del paese dipenderà in gran parte dalla capacità di comprendere a fondo le cause di questa crisi e di adottare politiche adeguate per mitigarne gli effetti.