L’accumulo di ricchezza concentrata nelle mani dell’élite globale continua a generare un divario vertiginoso con la popolazione mondiale più vulnerabile. Un recente studio di Oxfam svela come, negli ultimi dieci anni, il patrimonio dei primi 1% degli uomini più ricchi sia cresciuto di un ordine di grandezza sconcertante: oltre 33.900 miliardi di dollari in termini reali. Questa cifra, ardua da concepire, è più di ventidue volte superiore alle risorse necessarie per elevare al di sopra della soglia di povertà, fissata a 8,30 dollari al giorno, tutti coloro che attualmente ne sono esclusi.Questo allarmante dato emerge in concomitanza con la quarta Conferenza internazionale sul finanziamento per lo Sviluppo, prevista a Siviglia, un evento che riunisce oltre 190 nazioni per discutere le strategie di sostegno economico ai paesi in via di sviluppo. La conferenza si presenta in un contesto caratterizzato da scelte politiche contraddittorie: da un lato, la straordinaria crescita della ricchezza concentrata; dall’altro, un crescente bisogno di assistenza a livello globale.La situazione è ulteriormente aggravata da una tendenza preoccupante: i governi delle economie avanzate stanno attuando tagli agli aiuti pubblici per lo sviluppo, una pratica non osservata da decenni, risalendo a quando la misurazione annuale degli aiuti allo sviluppo è diventata una consuetudine. I soli paesi del G7, che contribuiscono con circa tre quarti degli aiuti a livello mondiale, prevedono una riduzione del 28% degli stanziamenti entro il 2026 rispetto al 2024. Questa decisione, apparentemente pragmatica, rischia di compromettere anni di progressi nella lotta alla povertà e nello sviluppo sostenibile.L’analisi di Oxfam dipinge un quadro desolante: la crisi del debito sovrano incombe sul 60% dei paesi a basso reddito, spingendoli sull’orlo del collasso finanziario. Questi paesi, già gravati da condizioni economiche precarie, si trovano costretti a destinare una porzione sempre maggiore delle proprie risorse al servizio del debito, a discapito di investimenti cruciali in settori vitali come l’istruzione e la sanità pubblica. La spirale debitoria alimenta una profonda disuguaglianza, intrappolando intere popolazioni in un circolo vizioso di povertà e dipendenza.La disparità crescente non è solo una questione economica, ma anche una sfida etica e politica. Richiede un ripensamento radicale dei modelli di sviluppo, un’equa redistribuzione delle risorse globali e un impegno concreto da parte dei paesi più ricchi per sostenere i paesi in via di sviluppo, non solo con aiuti finanziari, ma anche con il trasferimento di tecnologie, la promozione del commercio equo e la cancellazione del debito insostenibile. L’obiettivo non è solo alleviare la povertà, ma costruire un futuro più giusto e prospero per tutti.