La recente decisione del Ministero del Lavoro, che pone fine alla discussione sulla cassa integrazione e concede all’azienda la facoltà di procedere in autonomia, rappresenta un punto di rottura nella gestione delle crisi aziendali e solleva interrogativi profondi sulla tutela dei diritti dei lavoratori.
I segretari generali di Fim, Fiom e Uilm – Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella – hanno espresso con fermezza la loro profonda preoccupazione, definendo l’azione ministeriale come un’anomalia gravissima e un precedente pericoloso.
Questa decisione, maturata dopo ripetute richieste di proroga per permettere sindacati e rappresentanti dei lavoratori di analizzare a fondo le implicazioni, si inserisce in un contesto già pesantemente compromesso.
L’esito fallimentare del bando di gara, che ha palesemente dimostrato la mancanza di interesse da parte di potenziali investitori industriali per l’intero gruppo, ha acuito ulteriormente la fragilità della situazione.
Il silenzio degli operatori economici, interpretato come un giudizio negativo sulla sostenibilità del progetto industriale, amplifica le incertezze sul futuro dell’azienda e sul destino dei suoi dipendenti.
Di fronte a questo scenario, Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato lo stato di mobilitazione permanente, annunciando una serie di assemblee e manifestazioni in tutti gli stabilimenti, con la concreta possibilità di ricorrere allo sciopero.
Questa scelta non è un atto isolato, ma la naturale conseguenza di un senso di frustrazione e di profonda diffidenza nei confronti delle istituzioni, percepite come incapaci di garantire la continuità occupazionale e la salvaguardia del patrimonio industriale.
I sindacati rivolgono un appello urgente al Governo, esortandolo ad assumersi pienamente le proprie responsabilità, anche attraverso l’intervento diretto dello Stato, e a riaprire immediatamente un tavolo di confronto costruttivo a Palazzo Chigi.
Non si tratta di un semplice negoziato, ma di una necessità impellente per evitare un crollo irreversibile, con conseguenze devastanti per l’economia locale e per le migliaia di famiglie che dipendono dall’azienda.
I lavoratori degli stabilimenti ex Ilva, che hanno investito energie e speranze nel tentativo di rilanciare l’azienda, si sentono traditi e abbandonati.
La loro resilienza e la loro determinazione saranno messi a dura prova, ma la mobilitazione resta l’arma più efficace per rivendicare il diritto a un futuro dignitoso e per ottenere risposte concrete e garantie solide sul destino dell’ex Ilva.
La questione non è solo economica, ma anche di giustizia sociale e di rispetto per il lavoro e per i diritti fondamentali dei lavoratori.
Il rischio di una spirale negativa, che porti alla perdita di posti di lavoro e alla desertificazione industriale, è concreto e richiede un intervento immediato e risolutivo.