La recente sentenza della Corte Costituzionale riapre un capitolo cruciale del dibattito sul diritto del lavoro in Italia, riportando al centro dell’attenzione un tema che aveva trovato una sua conclusione, seppur controversa, con i referendum abrogativi del 2023.
Il nodo cruciale riguarda il limite di sei mensilità previsto per l’indennità risarcitoria in caso di licenziamenti illegittimi, un vincolo introdotto dal Jobs Act del 2015 e che, secondo la Corte, si rivela incostituzionale quando applicato alle piccole imprese.
La pronuncia, a distanza di poco più di un mese dal voto referendario, non solo convalida implicitamente la richiesta avanzata dalla Cgil durante la consultazione popolare, ma ne sottolinea la coerenza con i principi costituzionali che tutelano il lavoratore.
Il Jobs Act, pur mirando a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, aveva introdotto un sistema che, in determinate circostanze, penalizzava le aziende di minori dimensioni, limitando l’ammontare del risarcimento dovuto al dipendente licenziato in modo ingiusto.
Questa limitazione, a giudizio della Corte, incide sulla reale possibilità per il lavoratore di ottenere un adeguato ristoro per la lesione dei propri diritti, e si scontra con il principio di giustizia sostanziale.
La decisione della Corte non si limita a una mera dichiarazione di incostituzionalità; essa apre la strada a un intervento legislativo volto a definire in modo più equo i criteri di quantificazione dell’indennità risarcitoria.
Questo intervento dovrebbe tenere conto della gravità del fatto illecito, delle specifiche circostanze del caso, e, in modo particolare, della capacità economica dell’azienda, evitando così di creare disparità di trattamento tra imprese di diverse dimensioni.
Le reazioni dei sindacati sono state immediate e concordi.
Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, ha sottolineato come la sentenza rafforzi la necessità di un profondo ripensamento delle politiche del lavoro, mettendo al centro la tutela dei diritti dei lavoratori e il contrasto alle disuguaglianze.
Anche il segretario confederale della Cisl, Mattia Pirulli, ha espresso una valutazione positiva, auspicando un confronto costruttivo tra le parti sociali per elaborare una normativa che risponda alle esigenze di tutti gli attori coinvolti, garantendo al contempo la stabilità del sistema economico.
In definitiva, la sentenza della Corte Costituzionale rappresenta un’opportunità per avviare un nuovo ciclo di riforme del diritto del lavoro, promuovendo un modello più giusto ed equilibrato, in grado di coniugare flessibilità e tutela dei diritti, e di favorire una crescita economica sostenibile e inclusiva.
Il dialogo tra governo, imprenditori e sindacati si presenta ora come un passaggio imprescindibile per tradurre le indicazioni della Corte in una concreta e condivisa azione legislativa.