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martedì 18 Novembre 2025

Divario di genere: le donne guadagnano quasi il 29% in meno.

Nel panorama lavorativo italiano del 2024, l’analisi comparativa delle retribuzioni nel settore privato non agricolo rivela una persistente, e significativa, disparità di genere.

Sebbene 17,7 milioni di individui abbiano percepito redditi derivanti da un impiego retribuito, una disamina approfondita dei dati demografici mette in luce un divario retributivo marcato: le donne, in media, hanno guadagnato 19.833 euro, un valore sensibilmente inferiore rispetto agli uomini, che hanno registrato una media di 27.967 euro.

Questo scarto, pari a quasi il 29%, non è semplicemente una differenza numerica; è la manifestazione di una complessa interazione di fattori strutturali, culturali e sociali che limitano le opportunità economiche per le donne.
Superare questa disparità richiede un approccio multifattoriale che affronti le radici profonde del problema.

Considerare solo la differenza media può però essere fuorviante.

Un’analisi più accurata dovrebbe includere la considerazione di diversi elementi.
In primo luogo, la distribuzione delle donne in settori lavorativi specifici.

Tradizionalmente, le donne sono sovrarappresentate in professioni a basso salario, come l’assistenza, l’istruzione (in alcuni gradi), e il commercio al dettaglio, mentre gli uomini predominano in settori più remunerativi come l’ingegneria, la tecnologia e la finanza.
Questo fenomeno, spesso legato a stereotipi di genere radicati fin dalla formazione, influenza direttamente le medie retributive.
In secondo luogo, il divario retributivo si amplifica con l’età e l’esperienza.
Questo è dovuto, in parte, al cosiddetto “effetto maternità”, che vede le donne interrompere o ridurre la loro attività lavorativa per prendersi cura dei figli, con conseguente perdita di progressione di carriera e accumulo di competenze.
Sebbene il congedo parentale sia un diritto, la sua distribuzione e le sue implicazioni economiche non sono sempre equamente bilanciate.

Inoltre, la questione della contrattazione collettiva e individuale gioca un ruolo cruciale.
Studi dimostrano che le donne tendono a negoziare meno aggressivamente per i propri salari, o a chiedere aumenti meno frequentemente, spesso a causa di fattori psicologici e sociali che le portano a sottovalutare il proprio valore sul mercato del lavoro.
La segmentazione occupazionale e la difficoltà di accesso a posizioni di leadership sono ulteriori elementi che contribuiscono al divario.

La scarsa rappresentanza femminile in ruoli decisionali limita la loro capacità di influenzare le politiche aziendali e di promuovere l’equità salariale.

L’analisi del divario retributivo non dovrebbe fermarsi alla mera constatazione della differenza media, ma dovrebbe approfondire le dinamiche sottostanti e identificare le leve da utilizzare per promuovere una maggiore parità di opportunità.
Politiche di sostegno alla maternità e alla paternità condivisa, incentivi per l’accesso delle donne a settori ad alta remunerazione, formazione sulla negoziazione salariale, e misure per promuovere la trasparenza salariale sono solo alcuni degli strumenti che possono contribuire a ridurre questa persistente disuguaglianza.

Un approccio olistico che coinvolga istituzioni, aziende e individui è essenziale per costruire un mercato del lavoro più equo e inclusivo, in cui il talento e il merito siano i criteri principali per la valutazione e la retribuzione.

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