Nel panorama economico italiano del 2023, il tessuto imprenditoriale si presenta dinamico, con un numero complessivo di imprese industriali e di servizi che si attesta a circa 4,6 milioni, registrando un incremento modesto ma positivo rispetto all’anno precedente.
Questa crescita, sebbene diffusa, mostra peculiarità settoriali: un impulso più vigoroso si osserva nei servizi avanzati, aree trainanti dell’economia contemporanea, mentre nel settore industriale la progressione è più contenuta, concentrata principalmente nei comparti energetico e delle costruzioni, settori spesso soggetti a fluttuazioni connesse a investimenti pubblici e dinamiche internazionali.
L’analisi dell’andamento del valore aggiunto rivela una performance robusta, con una crescita nominale del 7,3%.
Questa espansione è trainata in modo significativo dalle costruzioni (+15,6%), che beneficiano di stimoli derivanti da politiche di riqualificazione e sviluppo infrastrutturale, seguite dai servizi (+7,2%) e dall’industria di base (+5,6%).
L’aumento del valore aggiunto, elemento cruciale per la competitività e la creazione di ricchezza, è accompagnato da un incremento dell’occupazione, con un aumento del 2,4% che porta il numero totale degli addetti a superare i 18,1 milioni.
Questo dato riflette una tendenza positiva nel mercato del lavoro, sebbene sia importante considerare la composizione dell’occupazione e la qualità dei posti di lavoro creati.
Un indicatore significativo dell’investimento in capitale umano e tecnologico è rappresentato dall’aumento degli investimenti per addetto, che cresce di oltre l’11%, portando il valore medio da 7.600 a 8.400 euro.
Questa spinta all’investimento suggerisce un impegno delle imprese a migliorare la produttività e la competitività attraverso l’adozione di nuove tecnologie e la formazione del personale.
L’occupazione dipendente, indicatore chiave della stabilità del mercato del lavoro, registra un’espansione del 3,3% rispetto al 2022, raggiungendo quota 13,4 milioni di lavoratori.
Un’analisi più approfondita evidenzia come le imprese organizzate in gruppi, sebbene rappresentino una porzione relativamente limitata del tessuto imprenditoriale (poco più di 190.000), svolgano un ruolo preponderante nella generazione di ricchezza.
Queste entità concentrate contribuiscono con il 65,3% del fatturato totale e il 57,9% del valore aggiunto, quest’ultimo in espansione dell’8,4% rispetto al 2022.
La loro capacità di generare valore aggiunto superiore alla media riflette economie di scala, maggiore accesso ai finanziamenti e una più efficiente gestione delle risorse.
Il quadro strutturale del tessuto imprenditoriale italiano rivela una forte prevalenza di micro e piccole imprese.
La stragrande maggioranza delle imprese (circa 4,3 milioni) opera con un numero limitato di dipendenti, tra zero e nove, impiegando complessivamente circa 7,5 milioni di addetti, di cui circa 3 milioni sono dipendenti.
In contrasto, le aziende di grandi dimensioni, con oltre 250 dipendenti, rappresentano una minoranza, solo 4.565 unità, che impiegano complessivamente circa 4,4 milioni di persone, prevalentemente dipendenti.
Questa distribuzione dimensionale sottolinea la peculiarità del sistema economico italiano, caratterizzato da una forte presenza di piccole imprese, spesso a conduzione familiare, che rappresentano un elemento cruciale per la creazione di posti di lavoro e la preservazione delle tradizioni locali, pur affrontando sfide legate alla scalabilità e all’accesso ai mercati globali.
L’analisi di questi dati assume un’importanza strategica per la definizione di politiche di sostegno all’imprenditoria e alla competitività del sistema economico nazionale.