L’analisi dell’Osservatorio Inps sul mercato del lavoro italiano nel 2024 rivela un quadro di ripresa articolata e di profondo cambiamento strutturale, con dinamiche divergenti tra diverse categorie di lavoratori.
Il totale degli occupati, comprendente sia lavoratori dipendenti che autonomi, si attesta a 26.988.000 unità, un dato significativo che segna un incremento di circa 362.000 unità rispetto al 2023 e un balzo di 1,4 milioni rispetto al pre-pandemico 2019.
Questo dato, apparentemente positivo, necessita di un’analisi più approfondita per comprendere le forze trainanti e le criticità sottostanti.
Un elemento chiave è la stabilità, seppur lieve, del numero medio di settimane lavorate (43.2 contro 43.3 del 2023 e superiore a 42.9 del 2019).
Questo indica una certa continuità nella domanda di lavoro, nonostante le incertezze macroeconomiche globali e l’evoluzione delle modalità lavorative.
La crescita del reddito medio annuo da lavoro, attestatosi a 26.079 euro, rappresenta un segnale incoraggiante, superando l’inflazione e suggerendo un miglioramento del potere d’acquisto per i lavoratori.
Tuttavia, è fondamentale esaminare la distribuzione di questa crescita tra le diverse categorie professionali e le regioni, per evitare di mascherare disuguaglianze territoriali e settoriali.
L’evoluzione del mercato del lavoro si manifesta con chiarezza nell’analisi per posizione prevalente.
L’aumento dei dipendenti, sia nel settore privato che pubblico, riflette un recupero graduale rispetto al periodo di crisi, stimolato anche da politiche di incentivazione all’assunzione e dalla ripresa di alcuni settori strategici.
Al contrario, la diminuzione degli indipendenti – artigiani, commercianti, agricoltori autonomi e lavoratori occasionali – segna un trend preoccupante, potenzialmente legato a una maggiore incertezza economica e alla difficoltà di competere con le imprese strutturate.
Questo declino, accentuato rispetto al 2019, solleva interrogativi sulla sostenibilità di questo segmento del mercato del lavoro e sull’impatto sulle famiglie e sulle comunità locali.
Un elemento dirompente è la crescita esponenziale dei parasubordinati (collaboratori coordinati e continuativi, professionisti senza cassa, dottorandi, amministratori, ecc.
), con un incremento del 6,4% rispetto al 2023 e un impressionante 26,4% rispetto al 2019.
Questa tendenza, pur indicando una maggiore flessibilità e capacità di adattamento del mercato del lavoro, pone anche interrogativi sulla qualità del lavoro offerto, sulla tutela dei diritti dei lavoratori e sulla necessità di ridefinire i confini tra lavoro dipendente e autonomo.
La crescita dei parasubordinati potrebbe essere una risposta all’evoluzione delle esigenze delle aziende, sempre più orientate a modelli di business agili e flessibili, ma è cruciale garantire che questa evoluzione non si traduca in una precarizzazione del lavoro e in una perdita di protezione sociale.
La ridefinizione del concetto stesso di lavoro e la necessità di innovazione del welfare sono sfide imprescindibili per interpretare e gestire questo fenomeno in modo equo e sostenibile.





