L’ambizione di un mercato unico europeo pienamente funzionante, fulcro della prosperità continentale, si scontra ancora con un ostacolo strutturale: la persistenza del requisito dell’unanimità in ambiti cruciali per la crescita e l’innovazione.
La necessità di superare questa impasse, evidenziata dalla presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, assume un’urgenza crescente nel contesto economico attuale.
Il problema non è meramente tecnico, ma riflette un conflitto tra la sovranità nazionale, intesa come diritto di ogni Stato membro di decidere autonomamente, e l’esigenza di un’azione europea coesa ed efficiente.
La ricerca del consenso universale, sebbene espressione di un ideale democratico, si traduce, in pratica, in una paralisi decisionale che frustra l’attuazione di riforme necessarie.
Il fisco rappresenta un caso emblematico.
L’armonizzazione dell’IVA, un obiettivo perseguito da decenni, rimane un miraggio a causa di obiezioni e protezioni nazionali.
Similmente, il consolidamento delle imposte sulle imprese, fondamentale per creare un terreno di gioco equo e competitivo per le aziende europee, si arena contro la resistenza di Stati che vedono nella loro autonomia fiscale uno strumento di vantaggio comparato.
Questa frammentazione, come sottolineato da Lagarde, impone alle imprese, e in particolare a quelle digitali, di confrontarsi con un mosaico di normative e procedure disarmonizzate, generando costi amministrativi elevati, distorsioni della concorrenza e un freno all’espansione transfrontaliera.
L’estensione del voto a maggioranza qualificata, come proposto, non è una soluzione indolore.
Solleva preoccupazioni riguardo alla potenziale erosione della sovranità nazionale e alla possibilità che interessi specifici di piccoli gruppi di Stati prevalgano sull’interesse comune.
Tuttavia, l’alternativa, ovvero la perpetuazione di un sistema decisionale bloccato e inefficiente, è inaccettabile.
Si tratta, quindi, di trovare un equilibrio delicato.
L’ampliamento del voto a maggioranza qualificata deve essere accompagnato da meccanismi di tutela degli interessi degli Stati membri, come ad esempio la possibilità di richiedere una valutazione d’impatto più approfondita delle proposte legislative o la previsione di clausole di salvaguardia.
Inoltre, è cruciale promuovere un dibattito pubblico ampio e trasparente sui benefici e i costi di un’azione europea più efficiente, coinvolgendo non solo i governi e le istituzioni, ma anche le imprese, le associazioni di categoria e i cittadini.
Solo attraverso un processo inclusivo e partecipativo sarà possibile costruire un consenso duraturo e sostenibile per il futuro del mercato unico europeo.
L’obiettivo non è quello di eliminare il ruolo degli Stati membri, ma di renderlo più efficace e orientato al bene comune, garantendo che l’Europa possa affrontare le sfide globali e realizzare appieno il suo potenziale di crescita e prosperità.








