L’anno 2024 segna un punto di svolta nella complessa architettura finanziaria che sostiene la mobilità in Italia.
Il peso complessivo della pressione fiscale sul settore motorizzato, stimato a 83,04 miliardi di euro, non solo riflette una crescita significativa rispetto all’anno precedente (+4,5%), ma rivela anche la crescente incidenza di oneri tributari che affliggono un comparto cruciale per l’economia nazionale.
Questa impennata, che supera i livelli di crescita osservati negli anni passati, è il risultato di una convergenza di fattori strutturali e congiunturali.
L’incremento del costo dei carburanti, esacerbato dalle fluttuazioni geopolitiche e dalle dinamiche del mercato energetico, rappresenta una componente determinante.
Le accise, pilastri fondamentali del gettito fiscale derivante dalla mobilità, si sono amplificate, colpendo direttamente i consumatori e, di riflesso, l’intera filiera.
Ma la pressione fiscale non si limita al carburante.
L’evoluzione normativa in materia di circolazione, con l’introduzione di nuove imposte e la revisione di quelle esistenti, contribuisce in maniera significativa.
Il bollo auto, spesso percepito come un onere eccessivo, continua a gravare su un parco circolante invogliato a rinnovarsi, seppur con difficoltà, verso modelli più sostenibili.
L’IVA sulle nuove autovetture, elemento imprescindibile del sistema tributario, incide pesantemente sul potere d’acquisto dei consumatori, frenando il rinnovo del parco veicolare e, potenzialmente, stimolando il mercato dell’usato.
L’aumento del carico fiscale non agisce solo sui consumatori, ma influenza anche le imprese del settore automotive.
Le tasse sulla produzione, la vendita e l’importazione di veicoli, unitamente agli oneri amministrativi e contributivi, riducono i margini di profitto e possono disincentivare gli investimenti in innovazione e sviluppo.
Questo impatto si riverbera sull’occupazione, soprattutto nelle aree geografiche fortemente dipendenti dall’industria automobilistica.
È fondamentale analizzare questa crescita non come un mero dato statistico, ma come sintomo di un sistema complesso, che richiede una revisione profonda.
L’incidenza della pressione fiscale sulla mobilità rischia di compromettere la competitività del settore, penalizzando i consumatori e ostacolando la transizione verso una mobilità più sostenibile.
Una riflessione accurata, che tenga conto delle specificità del contesto italiano e delle necessità di un’economia in evoluzione, è urgente per trovare soluzioni che alleggeriscano il peso fiscale, incentivando al contempo la crescita e la tutela dell’ambiente.
Un approccio innovativo, che premi l’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni e la promozione di forme di mobilità alternativa, potrebbe rappresentare la chiave per affrontare questa sfida in modo sostenibile e responsabile.
La semplificazione burocratica e la trasparenza nella gestione delle risorse fiscali sono altrettanto cruciali per ristabilire un clima di fiducia e favorire lo sviluppo del settore.





