Un’operazione congiunta dei Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza ha disarticolato un’associazione criminale dedita alla frode sportiva, portando agli arresti domiciliari di cinque individui, tra cui un arbitro precedentemente sospeso dagli organi di giustizia sportiva.
L’inchiesta, nata da una segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativa a movimenti anomali di capitali legati a scommesse su una partita del campionato Primavera, ha rivelato un sofisticato sistema di manipolazione calcistica volto a garantire profitti illeciti derivanti dall’alterazione dei risultati.
Al vertice dell’organizzazione emerge la figura di Luigi Catanoso, arbitro della sezione di Reggio Calabria operante nelle categorie Primavera, Primavera 2 e Serie C.
Secondo l’accusa, Catanoso avrebbe sistematicamente indirizzato le proprie decisioni in campo per favorire determinate scommesse, orchestrate dai membri del sodalizio.
Il meccanismo prevedeva la concessione di rigori contestabili, espulsioni ingiustificate e interpretazioni arbitrali tendenziose, tutti elementi calcolati per spingere il risultato finale verso scenari predeterminati e remunerativi per i scommettitori coinvolti.
Il finanziamento dell’associazione, cruciale per la corruzione di altri arbitri e per la gestione dei flussi di denaro illeciti, sarebbe stato assicurato da due imprenditori toscani, padre e figlio, proprietari di un’agenzia di scommesse con sede a Sesto Fiorentino (Firenze), anch’essi sottoposti ad arresto.
Questi, agendo come veri e propri “investitori”, fornivano le risorse necessarie per corrompere e condizionare le decisioni degli arbitri.
La caduta in disgrazia di Catanoso, in seguito alla sospensione dal ruolo, non ha impedito la continuazione dell’attività fraudolenta.
L’arbitro, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe continuato a reclutare altri colleghi, individuati in base alla loro designazione per specifiche partite, offrendo tangenti che potevano raggiungere i 10.000 euro a partita.
Un’ulteriore rete di individui indagati si occupava di stabilire i contatti con i direttori di gara e di canalizzare gli investimenti.
Le decisioni arbitrali manipolate, inevitabilmente, influenzavano l’andamento delle partite, alterando i risultati in modo prevedibile.
I membri dell’associazione, avvalendosi di questa manipolazione, scommettevano somme considerevoli, incassando ingenti guadagni.
L’organizzazione ha sfruttato l’attività di raccolta scommesse in Toscana come canale per veicolare giocate di importo rilevante sulle gare truccate, estendendo la propria rete anche a piattaforme di scommesse estere, operanti al di fuori della regolamentazione europea.
Questo aspetto evidenzia la natura transnazionale e l’ingente complessità del sistema criminale, che ha compromesso l’integrità del panorama sportivo e ha violato le normative finanziarie, con implicazioni potenzialmente estese a diversi paesi.
L’indagine, in corso, mira a identificare tutti i soggetti coinvolti e a ricostruire completamente le dinamiche di questo schema fraudolento.






