A Milano, la Corte d’Appello si è confrontata con un caso che ha scosso l’opinione pubblica, riguardante i due giovani calciatori Mattia Lucarelli e Federico Apolloni, unitamente a tre loro amici, accusati di violenza sessuale aggravata in danno di una studentessa statunitense.
La vicenda, nata da una notte di presunti eccessi nella movida milanese, si ripropone in appello con una richiesta di conferma della condanna emessa in primo grado.
Il sostituto procuratore generale Massimo Gaballo, nell’udienza a porte chiuse, ha sollecitato una conferma della pena di 3 anni e 7 mesi di reclusione per i due calciatori, definendola il limite minimo previsto dalla legge.
Questa richiesta si basa sull’analisi dettagliata delle circostanze e della gravità delle azioni contestate, sottolineando come la pena di primo grado, pur essendo al minimo edittale, rappresenti comunque una risposta necessaria alla tutela della vittima e alla salvaguardia del senso di sicurezza nella comunità.
Il pg ha inoltre chiesto la conferma delle condanne per i coimputati: due anni e otto mesi per uno di loro, e due anni e cinque mesi per gli altri due, ribadendo la necessità di una condanna uniforme per tutti i responsabili, in linea con la ricostruzione dei fatti emersa dall’indagine.
Un elemento significativo è stato il ritiro della costituzione di parte civile da parte della studentessa, che ha optato per un risarcimento economico ritenuto adeguato a compensare il danno subito.
Questo gesto, pur non sminuendo la gravità delle accuse, suggerisce una volontà di chiusura della vicenda e di superamento del trauma subito.
La vicenda, risalente alla notte tra il 26 e il 27 marzo 2022, ha visto la giovane studentessa, allora ventiduenne, avvicinata fuori dalla discoteca “Il Gattopardo”.
L’indagine della Procura milanese ha ricostruito una sequenza di eventi che ha portato alla presunta aggressione, sollevando interrogativi sulla responsabilità individuale e collettiva, sul ruolo dell’alcol e delle dinamiche di gruppo, e sulla vulnerabilità delle persone in contesti di socializzazione.
I due calciatori hanno costantemente negato le accuse più gravi, ammettendo soltanto un comportamento inappropriato e l’utilizzo di un linguaggio volgare.
Questa versione dei fatti, in contrasto con la ricostruzione della Procura e con le testimonianze raccolte, ha generato un acceso dibattito e ha reso il processo particolarmente complesso e mediatico.
La presunta negligenza, o addirittura la complicità, derivante da questa ammissione parziale solleva ulteriori questioni interpretative, contribuendo alla polarizzazione delle posizioni.
Prossimo 16 marzo si prevede l’arringa difensiva, un momento cruciale per permettere ai legali di presentare le loro argomentazioni e di contestare le prove a carico dei loro assistiti.
La sentenza, attesa per il 24 marzo, rappresenterà una pietra miliare in questo processo che ha messo a nudo alcune delle fragilità del sistema giudiziario e della società italiana, e che potrebbe avere ripercussioni significative sul futuro dei due giovani calciatori e sulla percezione della giustizia da parte dell’opinione pubblica.
L’esito del processo, oltre a definire la responsabilità penale degli imputati, si preannuncia come un importante banco di prova per il sistema di tutela delle vittime di violenza sessuale e per la promozione di una cultura del rispetto e della responsabilità.






