La questione del fine vita torna a investire la Corte Costituzionale, innescata da un caso particolarmente emblematico che pone al centro un profondo conflitto tra autonomia individuale, diritto alla salute e tutela della vita. La vicenda riguarda una donna toscana di 55 anni, affetta da una tetraplegia completa che la priva di qualsiasi possibilità di agire autonomamente. La donna, supportata dall’associazione Coscioni, ha ottenuto l’accesso al suicidio assistito, una possibilità giuridica sancita da precedenti sentenze che hanno interpretato la Costituzione in senso evolutivo, riconoscendo il diritto di ogni individuo di disporre del proprio corpo e di sottrarsi a sofferenze insopportabili.Tuttavia, la sua condizione fisica rende impossibile l’autosomministrazione del farmaco letale, sollevando una problematica cruciale: chi, in assenza di capacità di agire, può essere legittimato a compiere un atto che porrebbe fine alla propria esistenza? La donna, attraverso i suoi legali, ha quindi presentato un ricorso d’urgenza al Tribunale di Firenze, richiedendo che sia un medico a somministrarle il farmaco.Questa richiesta, ineludibile, ha portato il giudice a sollevare una questione di legittimità costituzionale proprio nei confronti dell’articolo 579 del codice penale, che incrimina l’omicidio del consenziente. L’articolo, redatto in un’epoca in cui l’autodeterminazione individuale era concepita in termini molto più ristretti, si scontra ora con una sensibilità giuridica e sociale profondamente mutata, che riconosce sempre più il valore del diritto alla dignità e alla libertà di scelta, anche di fronte alla morte.La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi, si troverà ad affrontare un delicato equilibrio di principi. Da un lato, la necessità di tutelare la sacralità della vita umana, un valore fondante dell’ordinamento giuridico. Dall’altro, l’imperativo di garantire il rispetto dell’autonomia individuale e la possibilità per il singolo di scegliere come affrontare una condizione esistenziale intollerabile, quando ogni altra via di sollievo si rivela impossibile. L’udienza, fissata per l’8 luglio, rappresenta un momento cruciale per il dibattito sul fine vita in Italia. La decisione della Corte Costituzionale potrebbe aprire nuove prospettive per la regolamentazione dell’eutanasia e del suicidio assistito, ridefinendo i confini tra diritto alla vita e diritto alla morte dignitosa, e ridefinendo il ruolo del personale sanitario in questo delicato ambito. La questione non è solo giuridica, ma anche etica, filosofica e sociale, e il suo esito avrà ripercussioni profonde sulla coscienza collettiva e sulle politiche sanitarie del Paese.
Fine Vita: La Corte Costituzionale al centro di un dilemma cruciale.
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