Le foreste europee, polmoni verdi del continente e cruciali alleati nella lotta contro il cambiamento climatico, si trovano a fronteggiare una sfida esistenziale.
La loro capacità di assorbire anidride carbonica, un servizio ecosistemico vitale per mitigare l’accumulo di gas serra nell’atmosfera, sta subendo un preoccupante declino.
Uno studio congiunto, frutto della collaborazione tra l’Università di Firenze e il Joint Research Centre dell’Unione Europea, pubblicato sulla prestigiosa rivista *Nature*, getta luce sulle cause di questo fenomeno allarmante e delinea strategie per invertire la tendenza, un imperativo se l’Europa vuole raggiungere la neutralità climatica entro i termini stabiliti.
Tra il 1990 e il 2022, le foreste europee hanno agito come un significativo “pozzo di carbonio”, sequestrando approssimativamente il 10% delle emissioni antropiche.
Tuttavia, i dati più recenti dell’Agenzia Europea dell’Ambiente rivelano una contrazione drastica: il tasso di assorbimento è diminuito di quasi il 27% nel triennio 2020-2022 rispetto al periodo 2010-2014.
Questa riduzione, se non arginata, rischia di compromettere l’impegno europeo di rimuovere 42 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti entro il 2030, come previsto dal Regolamento 2018/841.
Le cause di questo deterioramento sono molteplici e interconnesse.
L’aumento della pressione antropica, con un incremento dei prelievi di legname che spesso non segue una gestione sostenibile, contribuisce a indebolire la resilienza degli ecosistemi forestali.
Parallelamente, l’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi, esacerbati dal cambiamento climatico – ondate di calore prolungate, siccità devastanti, tempeste sempre più violente – provoca stress fisiologico negli alberi, ne riduce la crescita, ne aumenta la mortalità e favorisce la diffusione di parassiti e malattie.
Gli incendi boschivi, spesso alimentati da condizioni ambientali estreme e da pratiche gestionali inadeguate, amplificano ulteriormente il danno, liberando nell’atmosfera il carbonio precedentemente immagazzinato nella biomassa.
La ricerca sottolinea la necessità di un approccio olistico e multidisciplinare per affrontare questa complessa sfida.
Ridurre drasticamente le emissioni di gas serra a livello globale rimane la priorità assoluta, ma è altrettanto cruciale ripensare radicalmente la gestione forestale.
Ciò implica l’adozione di pratiche di silvicoltura rigenerativa che promuovano la biodiversità, la resilienza e la capacità di adattamento degli ecosistemi forestali.
In particolare, è fondamentale:* Ottimizzare i regimi di taglio: Favorire sistemi di gestione forestale che privilegiano la produzione di legname da fonti sostenibili, garantendo al contempo la rigenerazione naturale e la conservazione della funzionalità ecologica delle foreste.
* Promuovere la diversificazione delle specie arboree: Evitare la monocultura, che rende le foreste più vulnerabili agli attacchi di parassiti e alle malattie, favorendo la presenza di specie autoctone e adattate alle condizioni locali.
* Integrare la gestione forestale con la pianificazione territoriale: Considerare l’impatto delle foreste sui cicli idrici e sulla disponibilità di risorse idriche, evitando la piantumazione di alberi su aree originariamente destinate ad altri usi (come praterie e terreni agricoli) che potrebbero compromettere la stabilità degli ecosistemi locali.
* Sviluppare modelli predittivi integrati: Collegare i modelli di crescita forestale con quelli socio-economici per prevedere gli effetti delle diverse strategie di gestione e ottimizzare l’allocazione delle risorse.
La resilienza delle foreste europee, e la loro capacità di contribuire in modo significativo alla neutralità climatica, dipendono dalla capacità di agire con urgenza e determinazione, adottando un approccio innovativo e sostenibile che tenga conto della complessità degli ecosistemi forestali e delle interconnessioni tra ambiente, economia e società.
Il tempo per intervenire è ora.