giovedì 24 Luglio 2025
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Montegiovi: un borgo ai piedi del Papa, un grido d’aiuto.

Nel cuore dell’entroterra toscano, a Castel del Piano, sorge Montegiovi, un borgo silente composto da poco più di centocinquanta anime.

La sua identità, plasmata secoli di storia e legami profondi con la terra, è oggi minacciata da una precarietà strutturale che rischia di cancellare un pezzo di memoria collettiva.

La canonica, fulcro della vita religiosa e sociale del paese, si erge come un monito: un edificio in bilico tra terra e cielo, simbolo tangibile di un abbandono più ampio e profondo.

La situazione, generata da una spirale di spopolamento e dalla mancanza di interventi mirati, ha spinto gli abitanti di Montegiovi a intraprendere un gesto di straordinaria risolutezza.
Un corteo di sette persone, guidato dalla sacra immagine di Santa Caterina e sostenuto da due umili asini, si appresta a intraprendere un pellegrinaggio di due settimane verso Roma.
Un viaggio a piedi, un atto di disperazione e speranza, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, a sollecitare l’attenzione del Pontefice.

Portando con sé le suppliche e le testimonianze di altre comunità marginali, il gruppo intende far risuonare la voce di chi si sente dimenticato dai circuiti economici e politici dominanti.
Il documentario “Il Nostro Miracolo”, diretto da Davide Tisato, figlio del paese e tornato a Montegiovi dopo anni trascorsi in Svizzera, si propone di documentare questo percorso straordinario.
L’opera, frutto di una collaborazione tra Cloud fog haze picture, Articolture e Radiotelevisione Svizzera, con il supporto della Toscana Film Commission, intende andare oltre la semplice cronaca dell’evento, analizzando le radici profonde della crisi che affligge il borgo.

Tisato, con uno sguardo acuto e commosso, descrive un paese trasformato: un luogo un tempo vibrante di vita e solidarietà, ora segnato dalla perdita, dalla rassegnazione e dalla fuga dei giovani.

L’abbandono della canonica non è un caso isolato, ma il sintomo di un sistema che privilegia i centri di potere e le destinazioni turistiche, lasciando morire i piccoli borghi, custodi di un patrimonio culturale inestimabile.

La sua fatiscenza rappresenta la frantumazione della fiducia nelle istituzioni, la consapevolezza di un divario incolmabile tra chi ha voce e chi, pur avendo tanto da dire, viene silenziato.

La decisione degli abitanti di Montegiovi non è un atto di ribellione sterile, ma una forma di resistenza attiva.
Un tentativo di riscattare la propria identità, di riaffermare il valore della comunità, di reclamare il diritto a un futuro dignitoso.

Il restauro della canonica, più che un semplice intervento edilizio, si configura come un progetto simbolico, un’occasione per ridare slancio alla vita del borgo, per creare spazi di aggregazione e scambio, per riconnettere le generazioni.

Il “miracolo” invocato non è un evento soprannaturale, ma la possibilità concreta di risvegliare le coscienze, di generare un cambiamento profondo, di costruire un modello di sviluppo più equo e sostenibile, che sappia valorizzare la ricchezza di ogni territorio, senza lasciarne nessuno indietro.
È la speranza che la voce di Montegiovi, portata a Roma da un corteo umile ma determinato, possa risuonare come un campanile a difesa dell’umanità che ancora vive nei piccoli borghi d’Italia.

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