Nel cuore pulsante del distretto della pelletteria di lusso del Monte Amiata, un’indagine giudiziaria complessa e articolata ha portato alla luce un sistema di evasione fiscale e fatturazione inesistente, scuotendo le fondamenta di una realtà industriale in crescita.
Cinque imprenditori, figure chiave nella filiera che alimenta il lusso internazionale, sono ora sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Siena, accusati di aver orchestrato una rete di elusione fiscale che ha sottratto allo Stato risorse significative.
L’inchiesta, condotta con meticolosità dalla Guardia di Finanza, ha portato all’emissione di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, per un valore di 1,184 milioni di euro, corrispondente all’imposta evasa.
L’operazione ha interessato una società con sede a Piancastagnaio e il suo legale rappresentante, con il blocco di quote societarie, un veicolo, un appartamento situato a Figline Valdarno e numerosi conti correnti.
Al centro dello schema fraudolento figura un imprenditore di origini italiane, con radici operative tra Firenze e Siena, accusato di aver manipolato il sistema fiscale attraverso la creazione di costi fittizi, mascherati da fatture per operazioni inesistenti, comunemente note come “Foi”.
Queste fatture, artefatti di un’economia sommersa, sono state emesse da quattro ditte individuali gestite da imprenditori cinesi, ex dipendenti dell’azienda italiana ora indagata.
La presenza di questi soggetti, con sede a Calenzano (Firenze) e Piancastagnaio (Siena), rivela una struttura più ampia, potenzialmente ramificata in altri settori e territori.
L’indagine ha inoltre ipotizzato un illecito amministrativo in capo alla società di Piancastagnaio, configurabile ai sensi del D.
Lgs.
231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti.
Questa società, agendo come intermediario nella filiera, fatturava a società di distribuzione che a loro volta rifornivano marchi di lusso, tra cui la prestigiosa maison Celine, la quale, è importante sottolineare, non risulta coinvolta nelle indagini.
Questo dettaglio evidenzia come la frode fosse concentrata in un anello specifico della catena produttiva.
Le anomalie riscontrate durante i controlli hanno immediatamente destato l’attenzione degli investigatori, segnalando il modus operandi tipico delle cosiddette imprese “apri e chiudi”: entità create e rapidamente abbandonate, accumulando ingenti debiti tributari e contributivi.
L’analisi finanziaria delle quattro ditte cinesi ha rivelato una crescita esponenziale del volume d’affari in contrasto con una struttura produttiva e un patrimonio apparentemente insufficienti, accumulando un debito complessivo nei confronti dell’Erario pari a 2,6 milioni di euro.
La denuncia della Tenenza di Chiusi Scalo ha formalizzato le accuse contro l’imprenditore italiano, quantificando la frode in 2.633.843 euro, l’ammontare dell’imposta evasa nel periodo compreso tra il 2019 e il 2023.
Questo caso solleva interrogativi sulla trasparenza e l’etica delle pratiche commerciali nel settore del lusso, evidenziando la necessità di controlli più rigorosi e di una maggiore responsabilizzazione degli attori coinvolti nella filiera produttiva.
L’indagine si preannuncia complessa e potrebbe portare alla luce ulteriori collegamenti e responsabilità, mettendo a dura prova l’immagine del prestigioso distretto della pelletteria del Monte Amiata.