mercoledì 17 Settembre 2025
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Prato, aggressione a operai: la vergogna del Made in Italy.

La fredda luce dell’alba a Montemulo, Prato, ha illuminato una scena di inaccettabile violenza: un presidio sindacale, un esercizio fondamentale di democrazia, trasformato in un campo di scontro.

Gli operai della stireria dell’Alba Srl, uomini e donne provenienti da Bangladesh, Afghanistan e Pakistan, hanno subito aggressioni fisiche, con gazebo distrutti e ferite riportate, tanto da richiedere l’intervento di un’ambulanza per uno di loro.

Un episodio che riemerge con una dolorosa familiarità, a distanza di un anno dall’analogo e brutale attacco di Seano, evidenziando una persistente e strutturale problematica.
Questi lavoratori, spesso invisibili dietro le scintillanti vetrine dei brand di moda, incarnano una realtà scomoda: il costo umano della “fast fashion” e del “Made in Italy” che, troppo spesso, si traduce in diritti negati e condizioni di lavoro precarie.
Non si tratta di manodopera a basso costo impiegata da aziende cinesi, bensì di artigiani tessili che confezionano e stirano capi destinati a marchi rinomati, i cui prezzi riflettono un divario abissale rispetto ai salari che ricevono.
Un divario che rende l’abbigliamento un lusso inaccessibile per coloro che lo producono.
La dinamica è sempre la stessa: sfruttamento del lavoro migrante, un sistema di appalti e subappalti che disincentiva la responsabilità sociale e ambientale, e una repressione violenta di ogni forma di dissenso.

Le aziende, abilmente schermate dietro una rete di intermediari, si dichiarano estranee a tali dinamiche, ma la loro complicità è inequivocabile.
L’Alba Srl, e i brand che ne commissionano la produzione, sono direttamente coinvolti in questo scenario di illegalità e ingiustizia.
I Sudd Cobas, con fermezza e determinazione, rivolgono un appello urgente: non è più possibile tollerare una Prato definita dalla negazione dei diritti e dalla violenza contro chi esercita il diritto di sciopero, un diritto sancito dalla Costituzione.
L’appello è rivolto a tutta la cittadinanza, alle organizzazioni della società civile e alle istituzioni, affinché non rimangano inerti di fronte a questa situazione di grave illegalità.

È necessario un cambio di paradigma, un ripensamento profondo del modello produttivo e della catena di fornitura, che metta al centro la dignità del lavoratore e il rispetto dei diritti fondamentali.

La mobilitazione è l’unica risposta possibile, l’unica via per spezzare questo ciclo di violenza e per costruire un futuro più giusto e sostenibile.

La battaglia per la dignità del lavoro è una battaglia per la dignità di tutta la società.

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