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San Rossore: Scontro tra Ebrei e Anpi, riemerge l’antisemitismo?

La commemorazione del 5 settembre 1938, data che sancisce l’entrata in vigore delle leggi razziali nella tenuta di San Rossore, si è trasformata in un focoso confronto tra la Comunità ebraica di Pisa e l’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), sollevando interrogativi profondi sulla memoria storica, il presente geopolitico e la delicatezza dei confini tra critica politica e antisemitismo.
L’evento, promosso dal Comune di Pisa alla presenza delle autorità locali – il sindaco Michele Conti, il presidente della Provincia Massimiliano Angori e il presidente del Parco di San Rossore Lorenzo Bani – doveva essere un momento di riflessione sulle sofferenze inflitte dalla legislazione discriminatoria, che ha perseguitato non solo gli ebrei ma anche Rom, omosessuali, Testimoni di Geova e dissidenti politici, categorie tutte considerate “indesiderabili” da un regime totalitario che emulava, con la sua barbarie, il modello nazista.
Il richiamo recente della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a questa complice responsabilità del fascismo sottolinea la necessità di una costante vigilanza e di un’analisi lucida del passato.

La cerimonia, tuttavia, è stata interrotta da un’orazione del presidente locale dell’Anpi, Bruno Possenti, che ha paragonato le azioni militari di Israele nei confronti dei palestinesi all’indifferenza e alla passività che permisero la deportazione degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.

Un’equazione pericolosa e inaccettabile, definita “intellettualmente disonesta” da Andrea Gottfried, presidente della Comunità ebraica di Pisa, che ha reagito con profonda indignazione, rifiutando di prendere la parola e annunciando la definitiva rinuncia a partecipare ad iniziative congiunte con l’Anpi.
La polemica si è estesa oltre i confini dell’evento commemorativo, mettendo in luce una frattura profonda nel tessuto sociale e politico.

Gottfried ha espresso chiaramente il suo disappunto nei confronti dell’Anpi, denunciando un tentativo strumentale di politicizzare un momento di memoria, trasformandolo in un palcoscenico per la propaganda ideologica.

L’amministrazione comunale, pur non essendo direttamente coinvolta, è stata accusata di aver assistito passivamente a questo episodio, evidenziando una preoccupante mancanza di controllo sugli sviluppi dell’evento.
La vicenda solleva una questione cruciale: la delicata linea che separa la legittima critica politica, anche nei confronti di uno Stato, dalla riemersione di sentimenti antisemiti, spesso mascherati da un’apparente preoccupazione per i diritti umani.
Gottfried ha stigmatizzato con fermezza questa confusione, denunciando come l’etichetta di “antisionismo” sia frequentemente utilizzata per giustificare condotte intrinsecamente antisemite.

L’episodio di San Rossore, dunque, si configura non solo come un incidente diplomatico, ma come un campanello d’allarme che invita a una riflessione più ampia sulla gestione della memoria storica, sull’importanza di distinguere tra critica politica e pregiudizio religioso, e sulla necessità di proteggere la Comunità ebraica da nuove forme di antisemitismo, abilmente celate sotto le vesti di un presunto attivismo a favore della giustizia.
La responsabilità di contrastare tali derive ricade su tutti, dalle istituzioni alle associazioni, fino ad ogni singolo cittadino.

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