domenica 19 Ottobre 2025
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Sciopero al porto di Livorno: bloccato il Varco Valessini

La mattinata all’importante snodo doganale del Varco Valessini, nel porto di Livorno, si è aperta con un’intensità emotiva palpabile, segnata dalla presenza di un numeroso gruppo di manifestanti.

La mobilitazione, promossa dall’Unione Sindacale di Base (USB), si è concretizzata in un blocco delle attività portuali, con code interminabili di mezzi di trasporto, veicoli leggeri, autobus e camion, a testimonianza della determinazione dei manifestanti.

Lo sciopero generale, declinato in questa forma di protesta diretta, rappresenta una risposta sindacale di forte impatto, con l’obiettivo esplicito di interrompere ogni forma di collaborazione e supporto allo Stato di Israele.

L’USB, in questo atto, esprime una profonda preoccupazione per la situazione umanitaria a Gaza, denunciando, con fermezza, quanto percepito come un genocidio in atto e sollecitando un intervento concreto da parte dell’Italia.
“Questa azione – ha dichiarato Giovanni Ceraolo, rappresentante USB Livorno – si inserisce nel contesto di uno sciopero nazionale che coinvolge diverse categorie professionali.

Il nostro presidio, iniziato alle sei del mattino, ha visto un progressivo aumento di adesioni, con centinaia di persone che si sono unite alla protesta, bloccando i diversi accessi doganali del porto.
”Al di là della questione palestinese e in memoria delle iniziative come la Flotilla, la protesta assume una risonanza particolare in relazione all’imminente arrivo della nave americana “SLNC Severn”, prevista per la sera stessa.

Questa nave, secondo le accuse dei manifestanti, ha precedentemente svolto un ruolo cruciale nel trasporto di materiale bellico diretto a Israele, configurando, a loro avviso, una complicità attiva nel conflitto.

La mobilitazione quindi si configura come una denuncia pubblica di questo presunto coinvolgimento, con l’intento di interrompere la logistica di supporto militare.
La protesta del Varco Valessini trascende il semplice dissenso sindacale, evolvendo in una presa di posizione politica di ampio respiro.
Essa riflette una crescente consapevolezza e indignazione nei confronti delle politiche internazionali e dell’impatto delle armi in termini di sofferenza umana, ponendo interrogativi urgenti sul ruolo dell’Italia nel panorama geopolitico globale e sulla responsabilità collettiva nei confronti delle vittime di conflitti armati.
L’azione mira a catalizzare un dibattito pubblico più ampio sulla politica estera italiana, il commercio di armi e i diritti umani, sollecitando un cambio di rotta che ponga al centro la dignità della persona e la ricerca della pace.

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