L’imperativo morale di accogliere chi fugge dalla propria terra, perseguitato e in pericolo di vita, si scontra con la complessa realtà dei flussi migratori contemporanei. Distinguere il rifugiato, vittima di conflitti e persecuzioni, dall’emigrante motivato da aspirazioni economiche, è un esercizio cruciale che la narrazione mediatica spesso omette, appiattendo drammi e motivazioni diverse. Come sottolineato dal premio Nobel per la letteratura Abdulrazak Gurnah, durante la sua recente partecipazione a “La Milanesiana”, l’urgenza di questa distinzione si rivela ancor più pressante alla luce delle difficoltà incontrate da chi cerca asilo attraverso canali legali.La drammatica conseguenza di questa chiusura è l’assunzione di rischi spaventosi da parte di individui disperati, costretti a intraprendere viaggi pericolosi e a confrontarsi con il rifiuto e l’esclusione. Gurnah, attraverso la sua opera letteraria, offre una profonda riflessione su queste dinamiche, che affondano le radici nel complesso retaggio del colonialismo e nelle disuguaglianze globali. I suoi romanzi, come il recente “Furto”, esplorano con acume il tema dell’esilio, della memoria, della precarietà esistenziale e dell’oppressione che un uomo può esercitare sull’altro.”Furto” offre uno sguardo intimo su Zanzibar, un’isola la cui storia, segnata dalla conquista dell’indipendenza, è stata profondamente trasformata dalla modernità e dall’impatto del turismo di massa. Attraverso le vite intrecciate di Karim, Fauzia e Badar, tre giovani animati da grandi sogni, Gurnah delinea un affresco amaro di una terra che, pur liberatasi dal dominio coloniale, si trova a confrontarsi con nuove forme di sfruttamento e disuguaglianza. L’amicizia, l’amore e il tradimento si rivelano strumenti potenti per indagare le ambivalenze di un’epoca in transizione.La questione dell’accoglienza, però, non può essere affrontata esclusivamente a livello individuale o letterario. Richiede risposte politiche concrete, sistemi di richiesta di asilo efficaci e una volontà condivisa da parte degli Stati europei. L’assenza di soluzioni condivise e la chiusura delle frontiere legali aggravano la situazione, spingendo i migranti ad assumersi rischi insostenibili. Gurnah, pur ammettendo di non possedere la “soluzione” al problema dell’immigrazione, sottolinea con forza che la responsabilità di trovare una risposta equa e sostenibile ricade sull’Europa. Un’Europa che, al di là delle dichiarazioni di intenti, fatica a tradurre in azioni concrete i principi di umanità e solidarietà che dovrebbe guidare la sua azione politica.
Accogliere chi fugge: riflessioni e responsabilità europea.
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