La retrospettiva “Antonio Bueno: Architetture del Ricordo e Tendenze del Tempo”, in corso a Palazzo Guinigi di Lucca fino al 28 settembre, offre un’immersione completa nel complesso universo creativo di un artista spesso sottovalutato, ma di cruciale importanza per comprendere le dinamiche del panorama artistico italiano del secondo Novecento.
L’evento, orchestrato dall’assessorato alla cultura del Comune lucchese, dall’associazione culturale Bueno e dalla Ag Art Gallery di Alessandro Giusti, e curato con sensibilità da Maria Isabella Bueno e Stefano Sbarbaro, raccoglie oltre novanta opere, documenti d’archivio e fotografie, arricchiti da un consistente contributo ereditario, per ricostruire un percorso artistico e umano ricco di sfaccettature.
Antonio Bueno (Berlino, 1918 – Fiesole, 1984) fu un intellettuale inquieto, un artista dalla formazione ibrida, che rifiutò le rigide dicotomie tra avanguardia e tradizione, figurativo e astratto.
La mostra non si limita a illustrare le tappe principali della sua produzione, ma ne esplora le svolte, le sperimentazioni e le sottili interconnessioni, rivelando una visione originale e spesso anticipatrice delle successive tendenze artistiche.
La sua opera si configura come un’architettura del ricordo, un dialogo continuo con la storia dell’arte, non inteso come mero pastiche o imitazione, ma come rielaborazione critica e ironica.
Bueno attingeva a piene mani al repertorio stilistico del passato – dal Rinascimento al Barocco, passando per il Neoclassicismo – per decostruirlo, parodiarlo e riassemblarlo in composizioni inaspettate e provocatorie.
Questa capacità di ibridazione, unita a un’acuta sensibilità per i linguaggi popolari e mass-media, lo pone a cavallo tra due mondi, prefigurando alcuni aspetti chiave dell’estetica postmoderna: la frammentazione, l’eclettismo, la citazione, la mescolanza di alto e basso, l’ironia come strumento di decostruzione.
La mostra intende restituire a Bueno il riconoscimento che gli è stato a lungo negato, non solo come protagonista della storia dell’arte italiana del Novecento, ma anche come figura chiave per comprendere le contraddizioni e le ambivalenze del nostro tempo.
In un’epoca dominata dalla logica della novità assoluta e dalla ricerca spasmodica della provocazione, Bueno seppe recuperare la pittura figurativa come forma di resistenza culturale, un linguaggio colto e consapevole, capace di interrogare il presente senza cedere alle mode passeggere.
La sua eredità artistica, libera dalle ipocrisie del contemporaneo, risuona oggi con una freschezza e una lucidità sorprendenti, invitando a una riflessione più ampia sul ruolo dell’arte nella società e sulla sua capacità di superare le barriere temporali.
L’esposizione non è quindi una semplice celebrazione di un artista, ma un invito a riscoprire un approccio all’arte che privilegia l’ironia, la memoria e la capacità di sorprendere.