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mercoledì 19 Novembre 2025

Steve McCurry: la ricerca dell’immagine, un viaggio nell’empatia.

“La ricerca di un’immagine perfetta è un viaggio costellato di tentativi falliti, di istanti sfuggiti, di scelte sbagliate.

Come un alchimista alla ricerca della pietra filosofale, il fotografo si confronta con l’imperfezione, con la fugacità del tempo, sapendo che il successo non è una questione di talento innato, ma di perseveranza e di una profonda connessione con il soggetto.

” Queste parole, pronunciate da Steve McCurry durante il primo Explorer Symposium a Firenze, riassumono il suo approccio alla fotografia, un mestiere che ha trasformato in una missione.
McCurry, figura emblematica del photojournalism contemporaneo, ha raccontato a una platea di studenti e professionisti il suo percorso, delineando un modus operandi che trascende la mera documentazione per abbracciare l’empatia e la narrazione.

Autodefinito “giramondo”, il fotografo di Philadelphia ha alimentato la sua passione per i viaggi e per l’ignoto subito dopo gli studi in cinematografia, intraprendendo un’esplorazione continua di terre lontane, spesso segnate da conflitti e privazioni.
Il suo nome è indissolubilmente legato all’iconica immagine di “Afghan Girl” (1984), uno scatto potente e commovente che ha catapultato il suo lavoro sulla scena mondiale, svelando al pubblico l’umanità nascosta dietro le barriere della guerra.

“Quella foto ha segnato una svolta decisiva nella mia carriera,” ha confessato McCurry, sottolineando come il suo intento sia sempre stato quello di dare voce ai dimenticati, di illuminare le storie silenziose che si celano dietro le facciate dei luoghi di conflitto.
La sua ossessione per l’Asia, e in particolare per l’India, affonda le radici in un ricordo d’infanzia: la scoperta, attraverso le pagine di una rivista, di immagini esotiche e misteriose.

“Quell’incontro visivo fu un’epifania,” ha ricordato, rivelando come la promessa di un viaggio in un mondo lontano lo abbia spinto a inseguire un sogno.

Da allora, la sua macchina fotografica è diventata un ponte tra culture diverse, un mezzo per decostruire stereotipi e per celebrare la diversità umana.
Ma il successo planetario non ha offuscato la sua capacità di apprezzare i piccoli gesti, gli incontri inattesi che costellano il suo percorso.

“Tra le foto più significative che ho realizzato, vi sono tanti attimi fugaci, emozioni silenziose che si sono incise nella mia memoria,” ha affermato, invitando il pubblico a ricercare la bellezza e il significato anche nei dettagli apparentemente insignificanti.

L’evento fiorentino, arricchito dalla presenza di figure di spicco come il fotografo Massimo Sestini, l’esploratrice Milbry Polk e l’egittologo Zahi Hawass, ha offerto uno spaccato del panorama dell’esplorazione contemporanea, un invito a superare i confini, a confrontarsi con l’ignoto, e a raccontare il mondo con occhi nuovi, capaci di cogliere la complessità e la ricchezza dell’esperienza umana.

La lezione di McCurry, in definitiva, è un inno alla perseveranza, all’empatia e alla ricerca costante di un orizzonte più ampio.

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