domenica, 15 Giugno 2025
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Un’Europa a due velocità: tra sogno, riforme e nuovi rischi.

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L’Unione Europea rappresenta un’impresa politica e civilizzativa di proporzioni storiche, un esperimento di convivenza pacifica senza precedenti negli ultimi millenni. Piuttosto che una semplice costruzione, essa incarna un sogno condiviso, un’aspirazione per il futuro delle generazioni attuali e di quelle a venire, un faro di speranza in un mondo spesso segnato da conflitti e divisioni.Tuttavia, questa visione idealizzata convive con una realtà complessa e a tratti contraddittoria. L’Europa si articola in due anime distinte: da un lato, l’Europa delle istituzioni – il Parlamento Europeo, la Commissione – che opera nell’interesse di tutti i cittadini, perseguendo obiettivi comuni. Dall’altro, l’Europa intergovernativa, dove i capi di Stato e di governo dei paesi membri esercitano il potere decisionale. Questa seconda dimensione, caratterizzata dalla necessità di unanimità e soggetta al rischio di veti, si rivela spesso un freno allo sviluppo e alla realizzazione del pieno potenziale europeo. L’esempio di paesi più piccoli, come Cipro, con una popolazione relativamente esigua rispetto ai 500 milioni di abitanti dell’Unione, dimostra come la necessità di consenso possa inibire decisioni cruciali. Una riforma che superasse la logica del veto, favorendo la maggioranza qualificata, potrebbe sbloccare nuove opportunità e accelerare il cammino verso un’Europa più coesa e dinamica.L’eredità europea non si limita alla prosperità economica o alla stabilità politica. Essa racchiude un profondo impegno per la pace, un valore fragile e prezioso che richiede costante cura e tutela. L’Europa ha mantenuto un periodo di relativa pace più lungo di qualsiasi altro periodo storico dai tempi dell’antica Troia, un traguardo che ci impone una responsabilità morale nei confronti del mondo. L’unione continentale si è radicata su una rinuncia alle armi, un atto di coraggio e lungimiranza che ha trasformato profondamente il nostro continente.Riflessioni più ampie trovano eco nel ricordo di Massimo Troisi e nel suo capolavoro “Non ci resta che piangere”, un’opera che, con ironia e poesia, ha saputo cogliere le contraddizioni di un’epoca segnata dalla burocrazia e dalle frontiere. Oggi, a distanza di decenni, quelle barriere simboliche si trasformano in dazi commerciali imposti da politiche protezionistiche, come quelle di Donald Trump. La storia ci insegna che tali misure, lungi dal promuovere la prosperità, sono spesso preludio a conflitti e instabilità. La definizione di “guerra commerciale più stupida della storia” non è esagerata, in quanto tali politiche danneggiano l’Occidente nel suo complesso, riportandoci a dinamiche risalenti al XV secolo.Benigni, nel suo libro “Il sogno”, esprime un profondo rammarico per averlo scritto, auspicando di poterlo rileggere, in quanto racchiude un’Europa che incarna un modello di pace, benessere e felicità, invidiato in tutto il mondo. La sua forza risiede nell’impegno per i diritti fondamentali, che stimolano l’adozione di bandiere europee in contesti di oppressione e ingiustizia.L’Europa si distingue per i suoi principi universali, per la sua capacità di ispirare e attrarre. Tuttavia, è fondamentale distinguere il sano patriottismo, che si traduce nell’amore per la propria terra e nella volontà di contribuire al bene comune, dal pericoloso nazionalismo, che esalta la superiorità della propria nazione a discapito delle altre. Il nazionalismo, troppo spesso associato a guerre e conflitti, sta risorgendo in molte parti del mondo, e richiede una vigilanza costante. Chi promette di rendere il proprio paese “più grande degli altri” è spesso un presagio di pericolo, e va guardato con sospetto. L’orgoglio per la propria identità non deve mai essere un’arma contro gli altri, ma un incentivo a costruire un mondo più giusto e solidale. Io sono patriota, ma non nazionalista: il mio attaccamento alla mia terra si coniuga con la mia fiducia nell’Europa e nella sua capacità di realizzare un futuro di pace e prosperità per tutti.

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