L’avvicinarsi delle festività natalizie, tradizionalmente un momento di generosità e condivisione, si rivela, per una parte sempre più ampia della popolazione italiana, un terreno fertile per l’insorgere di problematiche finanziarie e, in alcuni casi, per l’esposizione a pratiche usurarie.
Secondo recenti analisi della Cgia di Mestre, supportate da indagini di Facile.it e mUp Research, circa 800.000 italiani ricorrono al credito al consumo per finanziare l’acquisto di regali, una cifra che testimonia la crescente pressione sociale legata alle aspettative festive.
Questa spinta al consumo, spesso alimentata da un senso di dovere verso familiari e amici, può spingere individui e microimprese a cercare soluzioni finanziarie rapide, anche al di fuori dei canali bancari ufficiali.
La domanda cruciale è se tutte queste richieste trovino risposta in istituti finanziari regolamentati e trasparenti, o se una parte significativa della popolazione si rivolga a fonti informali, esponendosi a tassi di interesse esorbitanti e condizioni contrattuali vessatorie.
La situazione è particolarmente delicata per gli artigiani e i piccoli commercianti, categorie professionali che, diversamente dai dipendenti e dai pensionati, spesso non godono della stabilità economica garantita dalla tredicesima mensilità né di entrate prevedibili.
Questo rende più vulnerabili alla tentazione di ricorrere a finanziamenti informali, attratti dalla facilità di accesso e dalla percezione di una soluzione immediata, senza comprendere appieno i rischi che tali scelte comportano.
I dati relativi alle sofferenze aziendali, aggiornati al 30 giugno 2025, dipingono un quadro preoccupante.
Si registra un aumento del 3,6% rispetto all’anno precedente, con quasi 122.000 imprese gravate da debiti problematici.
Il divario territoriale è marcato, con il Mezzogiorno che concentra la maggior parte delle aziende in difficoltà (42.032), evidenziando le disomogeneità strutturali e socio-economiche che affliggono il Paese.
Anche le province di Grosseto, Arezzo, Siena, Siracusa e Ragusa mostrano un peggioramento significativo rispetto al 2024, indicando dinamiche locali che amplificano la fragilità del tessuto imprenditoriale.
Un elemento cruciale da considerare è l’effetto della stretta creditizia, un fenomeno che ha eroso la disponibilità di finanziamenti bancari per le imprese italiane negli ultimi anni.
La Cgia stima una diminuzione di ben 350 miliardi di euro di prestiti bancari in dodici anni, un dato che incide negativamente sulla capacità di investimento e sulla resilienza delle aziende, rendendole più esposte a difficoltà finanziarie.
La Cgia ribadisce con forza la necessità di un rafforzamento del Fondo di prevenzione dell’usura, l’unico strumento efficace per proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione.
Un’azione sinergica tra istituzioni, finanziatori e associazioni di categoria è essenziale per promuovere la consapevolezza dei rischi legati all’usura, incentivare l’accesso a forme di credito regolamentate e sostenere la ripresa economica delle aree più colpite dalle difficoltà finanziarie.
In definitiva, affrontare il problema dell’usura e delle sofferenze aziendali richiede un approccio olistico che tenga conto delle complesse dinamiche sociali, economiche e istituzionali che lo alimentano.






