sabato 6 Settembre 2025
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Magistratura a rischio: l’allarme della Cassazione.

L’osservazione della Presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, durante la cerimonia dedicata a Valerio Onida, solleva interrogativi profondi sul futuro della magistratura italiana.

Non si tratta di una semplice constatazione di malcontento, ma di un campanello d’allarme che rivela una potenziale deriva, un progressivo disallineamento tra l’ideale che dovrebbe animare il corpo giudiziario e la realtà che si sta progressivamente delineando.

Si percepisce, infatti, una tendenza preoccupante verso un’interpretazione eccessivamente burocratica del ruolo del magistrato, un’eccessiva focalizzazione su procedure e formalità a discapito della sostanza, dell’umanità e della giustizia sostanziale.
Questa tendenza, secondo la Presidente Cassano, rischia di soffocare l’essenza stessa del *ius dicere*, il diritto di pronunciarsi, di giudicare, che dovrebbe essere guidato da principi etici e da un profondo senso di responsabilità verso la collettività.
L’aspirazione a bilanciare le aspettative personali con quelle della collettività, spesso invocata, rischia di creare un’asimmetria pericolosa.

Prevalere le esigenze individuali, la ricerca di un equilibrio personale, a scapito del dovere primario di garantire giustizia, equivale a tradire il giuramento, a rinnegare l’impegno preso di servire lo Stato e i cittadini.
La giustizia non è un servizio, ma un diritto inalienabile che impone un sacrificio, una dedizione che trascende le comodità e le ambizioni personali.

La Presidente Cassano sottolinea con forza che di fronte alla sofferenza umana, di fronte alle drammatiche vicende che quotidianamente si presentano, la stanchezza, sia essa intellettuale o fisica, non può e non deve costituire un ostacolo.
È la motivazione ideale, quel senso profondo di responsabilità e di impegno che anima i giovani magistrati, a permettere di superare questi limiti, di proiettarsi verso l’altro, di valorizzare la sua dignità e la sua centralità all’interno di uno Stato democratico.

Un dato allarmante è rappresentato dal numero crescente di giovani magistrati che, a conclusione del loro tirocinio, abbandonano la professione per intraprendere altre strade.
Questo fenomeno, lungi dall’essere una semplice scelta professionale, è un segnale di una crisi più profonda, una perdita di fiducia nel sistema, un disallineamento tra le aspettative iniziali e la realtà del lavoro.

Le ragioni possono essere molteplici, legate alla burocrazia, alle pressioni esterne, alla percezione di una mancanza di riconoscimento o di supporto.
Questa “fuga” di giovani talenti rappresenta un impoverimento per la magistratura e per l’intero sistema giudiziario.

È necessario un’approfondita riflessione, un ripensamento dei modelli, un rinnovato impegno per garantire condizioni di lavoro dignitose, un ambiente professionale stimolante e un riconoscimento del valore del ruolo del magistrato.
La lezione di Valerio Onida, simbolo di integrità e di dedizione alla giustizia, deve continuare a ispirare le nuove generazioni, guidandole verso un futuro in cui il *ius dicere* sia sempre sinonimo di equità, trasparenza e umanità.

La Scuola Superiore della Magistratura ha un ruolo cruciale in questo processo di rinnovamento, un dovere di stimolare la riflessione etica, di promuovere la formazione continua e di rafforzare il senso di appartenenza alla comunità giudiziaria.

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