La vicenda del VAR, nel contesto della partita Fiorentina-Milan, solleva interrogativi profondi e ineludibili sull’applicazione del sistema e sulla sua integrità all’interno del tessuto calcistico.
Lungi dall’essere un mero episodio isolato, la decisione di richiamare l’arbitro per un presunto errore grave, se confermata, tradisce un’ammissione di fallimento del VAR stesso, minando la fiducia nell’equità del giudizio sportivo.
Il silenzio o l’inerzia del direttore di gara, Marinelli, nel difendere la propria interpretazione, denota una fragilità percepita, una mancanza di convinzione che amplifica la gravità della situazione.
Quando una decisione, seppur contestabile, è stata presa sul campo e poi messa in discussione in questo modo, si crea un clima di incertezza e di sospetto che compromette l’integrità della competizione.
La squadra, in questo caso la Fiorentina, si trova a lottare per obiettivi vitali, e un episodio come quello contestato – un contatto apparentemente marginale che ha portato a un rigore e al definitivo 2-1 per il Milan – può rappresentare una differenza cruciale tra vittoria e sconfitta.
L’immagine di un giocatore a terra per venti minuti, in attesa di una revisione che sembra quasi surreale, non è solo brutta da vedere, ma evoca una sensazione di ingiustizia che rischia di erodere il rispetto per il gioco.
Le parole del direttore sportivo della Fiorentina, Daniele Pradé, a Dazn, non sono semplicemente un’espressione di disappunto, ma un grido di allarme.
Rivelano una profonda preoccupazione per un sistema che, invece di garantire maggiore precisione, sembra generare confusione e decisioni arbitrarie che vanno oltre la semplice interpretazione del regolamento.
L’episodio evidenzia una problematica più ampia: la necessità di una ridefinizione dei parametri di intervento del VAR.
È essenziale chiarire i limiti entro i quali il sistema può intervenire, evitando decisioni che, pur basate su una presunta “gravità” dell’errore, finiscono per alterare il flusso della partita e, in ultima analisi, il risultato.
La trasparenza e la coerenza nell’applicazione delle regole del VAR sono fondamentali per preservare la credibilità del calcio moderno.
Il VAR non deve essere percepito come un arbitro “al computer”, capace di ribaltare le decisioni sul campo, ma come uno strumento di supporto, volto a correggere errori evidenti e a garantire un giudizio più equo, senza però sovvertire l’autorità del direttore di gara.
Solo attraverso una riflessione seria e un intervento mirato sarà possibile restituire al calcio la sua integrità e la sua passione, salvaguardando la fiducia di giocatori, allenatori e tifosi.