L’aula del tribunale di Tempio Pausania è stata teatro di un’arringa difensiva complessa e dettagliata, condotta dall’avvocata Antonella Cuccureddu per Francesco Corsiglia, uno degli imputati – insieme a Ciro Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria – nel processo che lo vede accusato, in concorso con gli altri, di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una studentessa italo-norvegese e di un’amica.
La ricostruzione della serata del 16-17 luglio 2019, che si è dipanata prima nella discoteca Billionaire di Porto Cervo e poi nella residenza Grillo, ha rappresentato il fulcro dell’analisi difensiva, volta a smontare le accuse e a sollevare dubbi sulla veridicità delle testimonianze.
L’arringa, iniziata venerdì, ha focalizzato l’attenzione sulla contraddittorietà delle dichiarazioni della principale accusatrice e, soprattutto, sulla figura dell’amica, definita dall’avvocata Cuccureddu come “elemento chiave” del processo.
La centralità di quest’ultima risiede nella sua posizione di parte civile, legata alla diffusione di fotografie a sfondo sessuale scattate mentre dormiva sul divano della villa, ma soprattutto per le incongruenze rilevate nelle sue testimonianze.
L’avvocata ha posto interrogativi cruciali, cercando di delineare un possibile movente per la reticenza o la falsità delle sue dichiarazioni: perché una persona avrebbe potuto inventare o distorcere un evento traumatico come una violenza sessuale? E, soprattutto, se la sua amica avesse effettivamente subito un simile abuso, quale ragionamento logico e razionale avrebbe potuto spingerla a rimanere in quella situazione, a condividere uno spazio con presunti aggressori? Queste domande miravano a scardinare la narrazione accusatoria e a suggerire un’interpretazione alternativa degli eventi.
Il racconto dei legali difensivi, Alessandro Vaccaro, Mariano Mameli e Andrea Vernazza, ha poi contribuito a contestualizzare la serata, dipingendo un’atmosfera iniziale di spensieratezza e convivialità.
L’irruzione di un evento drammatico, descritto provocatoriamente da Vaccaro come un’escalation violenta e gratuita – un’“Arancia Meccanica” – ha sollevato dubbi sulla credibilità della ricostruzione accusatoria.
Si è insinuato il sospetto che un episodio isolato e potenzialmente meno grave fosse stato amplificato e distorto, trasformato in un’accusa di violenza di gruppo.
Il processo si avvia ora verso la fase conclusiva.
L’udienza fissata per lunedì 14 prevede la possibilità per il procuratore capo Gregorio Capasso – che ha richiesto una condanna a nove anni di reclusione per tutti gli imputati – e per le parti civili di presentare repliche finali.
Immediatamente dopo, i giudici si ritireranno in camera di consiglio per deliberare e emettere la sentenza di primo grado, che segnerà la conclusione di un capitolo giudiziario carico di implicazioni legali, emotive e sociali.
L’attenzione è rivolta alla complessità della ricostruzione degli eventi e alla cruciale valutazione della credibilità delle testimonianze, elementi chiave per l’emissione di una sentenza equa e ponderata.