La catena logistica genovese si è interrotta bruscamente a seguito di un’azione di blocco decisa dalle sigle sindacali Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, in risposta a preoccupazioni crescenti relative al carico trasportato dalla nave cargo saudita *Bahri Yanbu*.
L’imbarco di materiali potenzialmente bellici è stato sospeso in attesa di verifiche approfondite da parte delle autorità competenti.
L’iniziativa sindacale è nata da un acceso dibattito e una richiesta formale di trasparenza indirizzata alla Prefettura, alla Capitaneria di Porto e all’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale.
La richiesta di chiarimenti mirava a dissipare i dubbi sollevati dalla possibile presenza di armamenti all’interno del terminal, destinati all’imbarco sulla nave.
Le informazioni emerse, provenienti dai lavoratori portuali, descrivono un carico composto da veicoli anfibi militari e container contenenti esplosivi classificati secondo il codice 1-E1.1 – una classificazione che suggerisce la presenza di proiettili di grosso calibro.
Questa tipologia di materiale, data la sua intrinseca pericolosità e il potenziale impatto in caso di incidenti o usi impropri, richiede una gestione estremamente rigorosa e una documentazione precisa.
L’azione del blocco, che ha di fatto paralizzato le operazioni portuali, riflette una crescente sensibilità verso le implicazioni etiche e di sicurezza legate al trasporto di armamenti.
Il Coordinamento lavoratori portuali, comprendendo la gravità della situazione, ha annunciato un presidio permanente davanti al terminal, in programma per le prime ore del mattino.
L’obiettivo è mantenere alta l’attenzione sull’evento e sollecitare una risposta tempestiva e trasparente da parte delle autorità.
L’incidente solleva interrogativi fondamentali sull’efficacia dei controlli a monte delle operazioni portuali, sulla necessità di una maggiore collaborazione tra le autorità competenti e i sindacati, e sulla responsabilità congiunta di tutti gli attori coinvolti nella catena logistica.
La vicenda evidenzia, inoltre, la complessità del commercio internazionale di armi e la necessità di bilanciare gli interessi economici con i principi di sicurezza e responsabilità sociale.
La situazione in corso è destinata a generare un ampio dibattito pubblico, potenzialmente con ripercussioni significative sulle future procedure di gestione dei carichi speciali nei porti italiani.