La vicenda di Banca Carige, segnata da un’implacabile spirale di crisi e interventi straordinari, subisce un’inattesa svolta a seguito della sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia dell’Unione Europea.
Quest’ultima ha annullato la precedente decisione del Tribunale dell’Unione Europea (Luxemburgo) che, a sua volta, aveva invalidato il provvedimento di commissariamento disposto dalla Banca Centrale Europea (BCE) a gennaio 2019.
Il giudizio europeo, tuttavia, non si limita a una mera restituzione dello *status quo ante*, ma apre a un’ulteriore, complessa fase procedurale.
Il fulcro della controversia risiede nella legittimità dell’atto con cui la BCE ha innalzato la gestione straordinaria della banca ligure.
Il Tribunale UE aveva originariamente ritenuto che la BCE avesse errato nell’interpretazione e nell’applicazione della base giuridica alla quale aveva fatto riferimento per giustificare il provvedimento.
L’azione legale, promossa dalla socia Francesca Corneli, una piccola azionista in possesso di un modesto numero di azioni (0,000361% del capitale sociale), aveva portato alla luce una questione di portata significativamente maggiore della semplice tutela di un interesse individuale.
Il ricorso di Corneli aveva sollevato interrogativi fondamentali sull’esercizio dei poteri della BCE, sulla sua autonomia decisionale e sui limiti del suo intervento nell’ambito della vigilanza bancaria.
L’istituzione europea, in questo contesto, si trovava a bilanciare la necessità di proteggere la stabilità finanziaria con il rispetto dei diritti degli azionisti e dei principi del diritto dell’Unione.
La Corte di giustizia, pur confermando la validità dell’articolo 70, comma 1, del Testo Unico Bancario come base giuridica legittima per l’intervento della BCE, ha evidenziato che la decisione del Tribunale UE non ha esaurito l’analisi di tutti i motivi di ricorso sollevati.
Questa circostanza apre la strada a una nuova pronuncia da parte del Tribunale, che dovrà affrontare le questioni precedentemente non considerate, creando un’incertezza che prolunga la sospensione del commissariamento.
La famiglia Malacalza, che deteneva una partecipazione di rilievo (27,7%) nel capitale di Carige e aveva già avviato un’azione legale parallela, vede così riaccendersi le proprie speranze, sebbene la nuova decisione del Tribunale UE sia vincolante per qualsiasi ulteriore azione legale.
L’intera vicenda, pertanto, trascende la singola crisi di Banca Carige, configurandosi come un importante caso di diritto dell’Unione Europea che pone interrogativi cruciali sull’equilibrio tra l’autorità di vigilanza, i diritti degli azionisti e i principi fondamentali del diritto comunitario in materia di stabilità finanziaria e tutela dei diritti.
La pronuncia della Corte di giustizia sottolinea l’importanza di una valutazione completa e rigorosa delle motivazioni che sottendono l’esercizio dei poteri di vigilanza da parte della BCE, con implicazioni potenzialmente rilevanti per la gestione delle crisi bancarie in tutta l’Unione Europea.