Il caso del crollo della palma che il 12 marzo scorso ha tragicamente causato la morte di Francesca Testino a Genova, si allunga nei meandri di un’indagine complessa, rinviata a marzo per consentire un più approfondito esame delle responsabilità.
L’udienza dell’incidente probatorio, cruciale per determinare le cause del cedimento, ha visto la testimonianza del perito Fabrizio Cinelli, agronomo e docente universitario specializzato in strutture verdi e paesaggio.
La sua perizia, tuttavia, si è rivelata oggetto di contestazioni e solleva interrogativi significativi sulla gestione e la manutenzione del patrimonio arboreo urbano.
Cinelli ha indicato come fattore primario il marciume radicale, un processo insidioso e progressivo innescato da funghi patogeni che attaccano le radici della pianta, compromettendone la salute e la capacità di ancoraggio.
Sebbene questo elemento patologico appaia centrale, le difese degli indagati hanno subito contestato questa visione, sottolineando come le lavorazioni effettuate sul suolo dell’aiuola abbiano rappresentato un fattore di concausa determinante.
Queste operazioni, considerate invasive e lesive, avrebbero provocato danni all’apparato radicale, esacerbando la vulnerabilità della palma e accelerando il processo di decadimento.
L’avvocato Andrea Boselli, difensore di alcuni degli indagati, ha evidenziato come l’esame in aula abbia messo in luce “l’inadeguatezza e la contraddittorietà” delle argomentazioni del perito, in aperto contrasto con i risultati degli esami di laboratorio sui tessuti radicali.
La mancanza di chiarezza espositiva e le omissioni nelle risposte ai quesiti del giudice hanno amplificato i dubbi sulla validità della perizia.
Il pubblico ministero Fabrizio Givri ha formalmente indagato dodici persone, tra dipendenti e ex dipendenti di Aster, l’azienda municipalizzata responsabile della gestione del verde pubblico, e un consulente esterno.
Gli indagati, assistiti da un team di legali (Boselli, Bogliolo, Boggio, Scopesi, Delfino e Calabrò), respingono le accuse, sostenendo che le responsabilità ricadano su interventi eseguiti dal Comune, interventi che, a loro avviso, avrebbero contribuito in maniera significativa al crollo.
Il caso solleva questioni cruciali riguardanti la gestione del verde urbano, la necessità di perizie accurate e indipendenti, e l’importanza di un approccio multidisciplinare che tenga conto non solo degli aspetti agronomici, ma anche di quelli strutturali, idrogeologici e urbanistici.
La tragedia di Francesca Testino, purtroppo, si configura come un campanello d’allarme che richiede un’urgente revisione delle politiche e delle pratiche di gestione del patrimonio arboreo cittadino, al fine di prevenire simili eventi in futuro e garantire la sicurezza dei cittadini.
L’auspicio è che l’inchiesta possa portare alla luce le responsabilità e contribuire a migliorare la cura e la salvaguardia del verde urbano, vero polmone verde delle città.








