All’interno del carcere di Villa Andreino, in provincia della Spezia, si è verificata un’emergenza complessa e drammatica, culminata nel trasferimento d’urgenza di due detenuti presso il pronto soccorso dell’ospedale locale.
Entrambi gli individui, in una disperata manifestazione di sofferenza interiore, hanno compiuto atti di autolesionismo: uno ingerendo sostanze corrosive, l’altro ricorreendo all’ingestione di elementi elettrici, il cui impatto fisiologico si prospetta particolarmente grave, tanto da richiedere il ricovero del secondo in rianimazione, in condizioni giudicate critiche.
L’episodio, segnalato con forte preoccupazione dal segretario regionale del sindacato Uilpa Polizia Penitenziaria, Fabio Pagani, non è un evento isolato, ma si inserisce in un quadro allarmante di crescente instabilità all’interno del penitenziario spezzino.
Villa Andreino, come molte altre strutture carcerarie italiane, sta operando ben al di sopra della sua capienza regolamentare: attualmente ospita 190 detenuti, superando di quasi il 25% i 151 posti previsti.
Questa sovraffollamento, di per sé un fattore di stress significativo per l’intera popolazione detentiva, è ulteriormente esacerbato da una profonda carenza di personale.
L’organico della polizia penitenziaria, già insufficiente rispetto alle reali necessità operative, è ulteriormente decimato da assenze e turni massacranti.
Sebbene la pianta organica prevista sia di 138 agenti, solo 118 sono effettivamente presenti, creando una situazione di squilibrio che compromette seriamente la sicurezza, la gestione e, soprattutto, l’assistenza ai detenuti.
La gravità della situazione evidenzia un problema sistemico che va ben oltre la mera questione della sovraffollamento.
Si tratta di una crisi multidimensionale che coinvolge aspetti legati alla salute mentale, alla sicurezza, alle risorse umane e alla gestione complessiva del sistema carcerario.
Gli atti di autolesionismo, come quelli compiuti a Villa Andreino, sono spesso il tragico sintomo di un disagio profondo, di una disperazione che si manifesta in assenza di adeguate opportunità di supporto psicologico e riabilitativo.
La carenza di personale, inoltre, impedisce una sorveglianza efficace e un monitoraggio attento delle condizioni dei detenuti, rendendo più difficile l’individuazione precoce di segnali di disagio e la prevenzione di eventi critici.
Questa spirale negativa, alimentata dalla mancanza di investimenti e dalla cronica sottovalutazione del ruolo della polizia penitenziaria, richiede un intervento urgente e mirato, che affronti le cause profonde del problema e garantisca condizioni di dignità e sicurezza per tutti, detenuti e agenti.
L’episodio di Villa Andreino è un campanello d’allarme che non può essere ignorato, una chiamata all’azione per un sistema carcerario più umano, efficiente e capace di offrire una reale possibilità di reinserimento sociale.