Un’ombra grave si addensa sull’assistenza psichiatrica genovese, a seguito della denuncia di una presunta aggressione sessuale all’interno del Servizio di Diagnosi e Cura (Spdc) di un ospedale locale.
La vicenda, ora oggetto di un’indagine penale condotta dalla Procura e parallela perizia ospedaliera, solleva interrogativi complessi riguardanti la sicurezza dei pazienti, la gestione delle misure di sicurezza e la responsabilità istituzionale.
La donna, attualmente ricoverata in ambiente protetto, ha riferito di aver subito violenza da parte di un altro paziente, un uomo di quarant’anni la cui posizione giuridica e clinica appare particolarmente critica.
L’uomo, già ritenuto socialmente pericoloso e destinatario di una misura di sicurezza, avrebbe dovuto essere collocato in una Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS).
La sua presenza nell’Spdc, anziché in una struttura più idonea alla sua gestione e alla tutela della comunità, rappresenta un punto cruciale nell’indagine.
L’episodio sottolinea una falla nel sistema che prevede l’esecuzione di tali misure, evidenziando ritardi e disfunzioni nell’assegnazione dei posti REMS.
Il quarantenne, dopo aver trascorso un periodo ai domiciliari e successivamente in custodia cautelare, aveva ottenuto il permesso di uscire.
Il suo rilascio è stato temporaneamente sospeso, mantenendolo in detenzione oltre il termine stabilito, in attesa della disponibilità di un posto nella REMS.
La conseguente ricollocazione in ospedale, in attesa del trasferimento definitivo, ha paradossalmente esposto una paziente ad abusi.
L’attivazione del “protocollo rosa”, una procedura specifica dedicata alle vittime di violenza sessuale, testimonia la gravità della situazione e la priorità data alla tutela della donna, che è stata trasferita in un altro ospedale per ricevere supporto psicologico e legale.
L’indagine, condotta dai Carabinieri, si concentrerà ora sull’accertamento delle responsabilità dell’ospedale, in particolare per quanto riguarda la mancata separazione dei pazienti di sesso diverso.
L’evento solleva questioni fondamentali sull’equilibrio tra l’esecuzione delle misure di sicurezza, la protezione dei diritti dei pazienti e la garanzia di un ambiente sicuro e dignitoso all’interno delle strutture sanitarie.
La vicenda pone l’accento sulla necessità di revisionare i protocolli di gestione dei pazienti con misure di sicurezza, rafforzando i controlli e assicurando la tempestiva disponibilità di posti REMS, al fine di prevenire il ripetersi di simili tragedie e ripristinare la fiducia nella rete di cura psichiatrica.
Il caso pone anche il problema di come conciliare la necessità di isolamento e sicurezza con il rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali dei pazienti, anche di quelli affetti da disturbi psichiatrici.