venerdì 1 Agosto 2025
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Genova

Genova: i portuali bloccano le armi, un atto di disobbedienza globale.

Il blocco del traffico merci a Genova, orchestrato dal Coorpilot Autonomo Lavoratori Portuali (CALP), collettivo storico di camalli genovesi, ha recentemente manifestato una risonanza globale inaspettata.
L’azione, innescata da una mobilitazione sindacale, ha portato alla revoca, da parte della compagnia marittima cinese Cosco, dello sbarco di tre container destinati a Israele.
Questo episodio, documentato con un breve video diffuso dal CALP, sottolinea il peso cruciale del lavoro portuale come presidio di responsabilità sociale e politica.
Il successo di questa iniziativa non è stato casuale, ma il risultato di un coordinamento internazionale tra diversi porti, una rete informale di operatori e attivisti che condividono la volontà di monitorare e, se necessario, ostacolare il transito di armamenti.
Questo legame transnazionale, sempre più rilevante nell’era della globalizzazione, evidenzia come il lavoro portuale non si limiti più a una mera attività logistica, ma si configuri come un punto strategico per l’esercizio di diritti e la contestazione di politiche belliche.

Il CALP, con la sua lunga tradizione di mobilitazione e vigilanza, rappresenta una voce autorevole nel panorama del lavoro portuale italiano.

I camalli, figure emblematiche del porto di Genova, hanno storicamente svolto un ruolo attivo nel controllo del traffico merci, spesso ponendosi in contrasto con interessi economici e geopolitici più ampi.

La loro azione non si limita alla semplice opposizione allo sbarco di armi, ma si inserisce in una riflessione più ampia sul ruolo del lavoro portuale nell’economia globale e sulla necessità di una maggiore trasparenza nei flussi commerciali.
L’episodio Cosco solleva interrogativi fondamentali sulla sovranità nazionale, la responsabilità delle compagnie di navigazione e il diritto di contrasto alle attività militari.

La possibilità di influenzare, anche se in parte, il transito di armamenti attraverso un’azione sindacale dimostra la potenziale forza dei lavoratori portuali nel promuovere una politica estera più pacifica e responsabile.
La vicenda invita a considerare il lavoro portuale non come un mero servizio, ma come un atto politico, un esercizio di cittadinanza attiva che può contribuire a costruire un mondo più giusto e sicuro.

Il CALP, con la sua iniziativa, ha offerto un esempio concreto di come la mobilitazione dei lavoratori possa diventare uno strumento efficace per affermare i valori di pace e solidarietà.

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