Il porto di Genova, crocevia cruciale del commercio internazionale, è stato teatro di una vibrante azione di protesta, animata da un centinaio di attivisti provenienti dal Collettivo autonomo lavoratori portuali Calp, affiancati da volontari di Emergency e studenti del gruppo Cambiare Rotta. L’obiettivo: verificare l’assenza di armamenti destinati a Israele a bordo della nave Contahip Era, proveniente da Marsiglia. L’azione, parte di una strategia transnazionale che ha visto la partecipazione attiva dei portuali marsigliesi, si inserisce in un contesto più ampio di crescente preoccupazione per il ruolo della logistica italiana nel conflitto israelo-palestinese.La protesta non si è limitata a un mero presidio. Gli attivisti hanno agito con determinazione, consapevoli che ogni nave, specialmente quelle facenti parte della flotta Zim, rappresenta un tassello ineludibile di una catena di morte. In Francia, l’azione coordinata aveva già impedito l’imbarco di 14 tonnellate di nastri per mitragliatrici destinate a Israele, un precedente significativo che ha rafforzato la determinazione degli attivisti genovesi. La nave, giunta per uno scalo tecnico e destinata a imbarcare beni di prima necessità, è stata oggetto di un corteo interno al porto, scortato dalla polizia, che ha permesso agli attivisti di avvicinarsi alla nave, pur senza raggiungere la banchina.L’utilizzo di fumogeni e gli interventi al megafono hanno amplificato il messaggio di dissenso, un grido che denuncia il crescente coinvolgimento della logistica italiana, con i suoi porti, scali e depositi militari, nel traffico di armi e, di conseguenza, nel perpetuarsi di un conflitto che miete vittime innocenti. L’Usb, Unione Sindacale di Base, ha sottolineato come questa iniziativa dimostri il potere dell’organizzazione e della solidarietà: quando i lavoratori si uniscono e alzano la voce, è possibile contrastare il flusso di armi e ostacolare le strategie di riarmo.La protesta non è stata solo un atto simbolico. È stata una chiamata all’azione concreta, un invito a rompere con un modello economico basato sulla guerra e sullo sfruttamento. L’Usb lancia un appello esplicito a dire “No alla guerra, No al riarmo, No all’economia di morte,” proponendo un’escalation dello scontro sociale con lo sciopero generale del 20 giugno contro la guerra, il caro vita e lo sfruttamento. La mobilitazione nazionale del 21 giugno a Roma, in Piazza Vittorio Emanuele, ore 14:00, rappresenta un momento cruciale per amplificare la voce del dissenso e costruire un futuro di pace. La responsabilità di fermare la guerra, secondo l’Usb, ricade direttamente sulle spalle di chi, come i lavoratori, è direttamente coinvolto nella catena logistica. È un imperativo morale bloccare il traffico di armi e costruire la pace attraverso la lotta e l’organizzazione collettiva. La protesta a Genova non è stata la fine, ma un nuovo, necessario, inizio.
Genova: Portuali e attivisti bloccano nave, no alle armi per Israele
Pubblicato il
