A trent’anni e mezzo di distanza da un omicidio che ha scosso Genova, la procura riapre una finestra di speranza nella ricerca della verità, con un’operazione complessa e tecnicamente sofisticata.
Il caso di Luigia Borrelli, l’infermiera e prostituta trovata brutalmente assassinata nel 1995 nel cuore del quartiere storico di vico Indoratori, vede ora l’impiego di 52 tamponi raccolti sull’arma del delitto, un trapano ancora conficcato nel suo corpo.
L’obiettivo primario è l’estrazione di materiale genetico sufficiente per un confronto definitivo con il profilo di Fortunato Verduci, 65 anni, il carrozziere attualmente sospettato come responsabile.
La decisione di richiedere un nuovo incidente probatorio, formalizzata a maggio dalla procuratrice Patrizia Petruzziello, si fonda sull’evoluzione delle tecniche forensi, un progresso significativo rispetto alle capacità analitiche disponibili all’epoca delle indagini iniziali.
L’auspicio è che queste nuove metodologie riescano a rivelare tracce precedentemente non identificabili, aprendo la strada a prove decisive.
L’operazione si avvale della collaborazione di esperti di alto livello: il generale Luciano Garofalo, figura di spicco nel campo delle indagini scientifiche e precedentemente comandante dei RIS di Parma, e il genetista Paolo Fattorini, docente all’Università di Trieste.
Questi professionisti lavorano in sinergia con i legali di Fortunato Verduci, gli avvocati Emanuele Canepa e Andrea Volpe, mentre l’avvocata Rachele De Stefani, che rappresenta la figlia della vittima, ha richiesto la conferma del contributo del dattiloscopista Nicola Caprioli, noto per la sua consulenza nel caso Garlasco, dove ha identificato un’impronta cruciale che ha portato all’individuazione di un nuovo sospettato, Andrea Sempio.
L’esperienza di Caprioli si rivela quindi un elemento chiave nell’analisi delle tracce lasciate sulla scena del crimine.
Nonostante le indicazioni a suo carico, Verduci è al momento libero, forte delle decisioni che hanno visto il rigetto delle richieste di arresto da parte del giudice per le indagini preliminari, della Corte d’Appello e della Corte di Cassazione.
La lunga prescrizione del reato rappresenta un ostacolo significativo, sebbene la gravità degli indizi raccolti sia riconosciuta.
In passato, l’identificazione di Verduci si era basata sull’analisi di una macchia di sangue presente sulla scena del crimine, il cui profilo genetico presentava somiglianze con quello di un parente attualmente detenuto in carcere a Brescia.
Secondo l’accusa, il movente dell’omicidio potrebbe risiedere nella combinazione di ludopatia e debiti ingenti che affliggevano Verduci, spinto al gesto violento con l’intento di rapinare la vittima dopo averla brutalmente picchiata.
La delicatezza e la complessità dell’operazione fanno prevedere che la procura, una volta completate le analisi e l’elaborazione dei risultati, procederà alla chiusura delle indagini entro il mese di ottobre, auspicabilmente ponendo fine a un’attesa che si protrae da oltre tre decenni.
Il caso Borrelli si configura così come una sfida per la giustizia, un test di come le nuove tecnologie possano riaprire le porte alla verità in casi irrisolti.