mercoledì 15 Ottobre 2025
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Genova Università: 23 giorni di protesta per Palestina e giustizia.

La ventitré giorni di occupazione del rettorato dell’Università di Genova, conclusasi ufficialmente, rappresentano un momento significativo nel panorama del dissenso studentesco e un’espressione tangibile di una più ampia ondata di risveglio civile.
L’azione, nata dalla profonda preoccupazione per la situazione in Palestina e per le dinamiche conflittuali che la caratterizzano, si inserisce in un contesto di mobilitazione globale, risalente alle iniziali iniziative di soccorso umanitario verso Gaza e che ha investito città e istituzioni in tutta Italia.

L’occupazione non è stata una semplice protesta, ma un tentativo di riappropriazione dello spazio universitario come luogo di dibattito, di riflessione critica e di azione politica.

Essa è figlia di una crescente consapevolezza collettiva che vede le giovani generazioni rivendicare il diritto di esprimere le proprie posizioni in merito alle complesse problematiche geopolitiche che affliggono il mondo, con particolare attenzione alle implicazioni etiche e umanitarie.

Il comunicato degli occupanti sottolinea come la presunta tregua del 10 ottobre 2025, pur costituendo un primo passo, appaia in realtà insufficiente alla luce della persistenza delle azioni militari israeliane, della continuazione del blocco umanitario e dei piani di espansione coloniale in Cisgiordania.

Questo evidenzia una profonda diffidenza verso i processi negoziali e una critica radicale verso le politiche attuali.
La prospettiva offerta dagli studenti genovesi va oltre la mera denuncia del conflitto israelo-palestinese, individuando nella questione sionista un nodo cruciale di un disegno più ampio, intrinsecamente legato agli interessi occidentali e alla loro proiezione strategica in Medio Oriente.
Questa analisi critica solleva interrogativi fondamentali sul ruolo delle istituzioni accademiche, spesso compromesse da accordi e finanziamenti legati all’industria bellica e alle politiche esterne.

Le richieste degli occupanti sono chiare e ambiziose: una revisione drastica dei legami universitari con il complesso militare-industriale, l’abrogazione di accordi che legano l’ateneo alle politiche di segregazione razziale e, soprattutto, un sostegno incondizionato al diritto alla resistenza palestinese.

L’istanza finale, la richiesta di un’aula dedicata all’osservatorio e alla mobilitazione, testimonia la volontà di creare uno spazio permanente di impegno politico e di riflessione critica, in grado di contrastare l’asservimento dell’università agli interessi economici e geopolitici dominanti.
L’azione compiuta non si conclude con la fine dell’occupazione, ma si apre a una nuova fase di impegno e di lotta per la giustizia e la libertà.

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