La vicenda che coinvolge due infermiere dell’ospedale Villa Scassi e che ha portato all’indagine della Procura di Genova solleva interrogativi complessi riguardanti la responsabilità professionale, la sicurezza del paziente e il delicato equilibrio tra assistenza sanitaria e tutela legale.
Al centro della vicenda c’è il decesso di un’anziana paziente avvenuto due anni fa presso l’ospedale San Martino, a seguito di una serie di eventi che, pur non presentando una causalità diretta e immediata, generano profonda preoccupazione.
La paziente, precedentemente ricoverata al nosocomio di Sampierdarena, aveva involontariamente ingerito disinfettanti presenti nella sua stanza.
Questa tragica imprudenza, frutto probabilmente di una combinazione di deficit cognitivi e di una gestione inadeguata dell’ambiente ospedaliero, ha determinato un rapido trasferimento in rianimazione presso il San Martino.
Qui, purtroppo, si è sviluppata un’infezione nosocomiale, esito fatale che ha concluso la vita della donna.
L’accusa, formulata dalla Procura, si concentra sulla presunta negligenza delle due infermiere, di età rispettivamente 29 e 32 anni.
Secondo l’ipotesi investigativa, l’assenza di adeguate misure di contenimento, specificamente la mancata applicazione delle cinghie di sicurezza prescritte dai medici, per un periodo di quattro ore tra le 14:00 e le 18:00 del 4 agosto 2023, avrebbe rappresentato un fattore determinante nella sequenza degli eventi.
La mancata supervisione e la non identificazione della presenza dei disinfettanti, Gioclorex e Lysoform, che la paziente, a causa delle sue fragilità cognitive, ha ingerito, vengono interpretate come ulteriori elementi di colpa professionale.
È cruciale sottolineare che l’accusa non contesta direttamente la morte come conseguenza immediata dell’ingestione dei disinfettanti, bensì la considera una conseguenza indiretta, mediata dall’infezione ospedaliera.
Tuttavia, la Procura ritiene che la responsabilità della morte, in ragione di una compromessa sicurezza del paziente, ricada sulle infermiere, per una presunta violazione dei protocolli di assistenza.
La conclusione delle indagini da parte del pm Giuseppe Longo segna una fase delicata.
Le indagate hanno ora la possibilità di esporre la propria versione dei fatti, attraverso interrogatori o memorie scritte.
La vicenda apre un dibattito imprescindibile sulla gestione dei pazienti affetti da deficit cognitivi in ambiente ospedaliero, sulla necessità di una formazione continua del personale sanitario, e sulla complessità di bilanciare la cura del paziente con gli obblighi di responsabilità legale.
Inoltre, il caso evidenzia la crescente attenzione verso la sicurezza del paziente e l’importanza di implementare misure preventive per evitare tragedie evitabili all’interno delle strutture sanitarie.