mercoledì 30 Luglio 2025
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Liguria, IVG: una svolta a rischio per i diritti delle donne

A cinquant’anni dall’entrata in vigore della legge 405/75, una pietra miliare nella legislazione italiana in materia di salute riproduttiva, la Regione Liguria si trova al centro di un’incongruenza che solleva interrogativi sull’effettiva tutela dei diritti delle donne.

La recente decisione della giunta Bucci, in aperto contrasto con l’orientamento tracciato dalla precedente amministrazione di centro destra, rischia di compromettere l’accesso a un servizio essenziale: l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) farmacologica domiciliare.

L’iniziativa precedente, volta a garantire la possibilità di assunzione della pillola abortiva a casa, rappresentava un passo avanti verso la piena attuazione delle linee guida nazionali e un riconoscimento della necessità di rispondere ai bisogni specifici delle donne, soprattutto quelle in condizioni di maggiore vulnerabilità.

La decisione attuale, però, sembra voler invertire questa direzione, introducendo ostacoli burocratici e limitazioni che rischiano di rendere più complesso e traumatico un percorso già delicato.

Questa manovra, più che una semplice revisione di una procedura amministrativa, appare come una svalutazione della battaglia per l’autodeterminazione femminile, un’eco di visioni culturali arretrate che vogliono relegare le donne a un ruolo passivo e colpevolizzante nei confronti della maternità.

Si tratta di un’inversione di marcia che nega l’importanza della legge 405/75 e delle conquiste civili che essa ha rappresentato.

Le conseguenze di questa decisione si ripercuotono in modo particolare sulle donne più fragili: vittime di violenza domestica, lavoratrici con difficoltà ad assentarsi dal lavoro, residenti in aree remote con scarsa accessibilità ai servizi sanitari.
Per queste donne, la possibilità di accedere all’IVG farmacologica a domicilio rappresentava una via d’uscita da situazioni spesso insostenibili, un diritto fondamentale che rischia di essere negato.

A questa preoccupante situazione si aggiunge un ulteriore segnale d’allarme: la mancata destinazione di 80.000 euro per i corsi di educazione all’affettività nei consultori pubblici.

Questa decisione, assunta durante la discussione dell’assestamento di bilancio, è un ulteriore colpo alla legge istitutiva dei consultori, un’eredità della volontà di creare spazi di ascolto, informazione e supporto per le donne, che hanno ricevuto anche il consenso, all’epoca, da parte di esponenti politici di diverse sensibilità, inclusi cattolici.

La combinazione di queste due decisioni – la frenata all’IVG domiciliare e il taglio ai finanziamenti per l’educazione affettiva – solleva seri dubbi sull’impegno concreto della Regione Liguria a garantire la salute riproduttiva delle donne e a promuovere una cultura della parità e dell’autodeterminazione.
Si tratta di scelte che rischiano di compromettere l’efficacia dei servizi offerti dai consultori familiari, penalizzando le donne e tradendo lo spirito progressista che ha ispirato la legge 405/75.
È necessario un cambio di rotta, un ritorno all’impegno per la piena attuazione dei diritti delle donne e per la costruzione di una società più giusta e inclusiva.

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