L’ultima sessione d’udienza prima della sospensione estiva del processo che coinvolge 57 imputati per la tragedia del ponte Morandi, avvenuta il 14 agosto 2018 e costata la vita a 43 persone, si è concentrata sull’analisi delle responsabilità dirigenziali, in particolare su quella di Pierluigi Ceseri, figura chiave in Autostrade per l’Italia negli anni in cui l’azienda era ancora in gestione pubblica.
Il Pubblico Ministero Marco Airoldi, affiancato dal collega Walter Cotugno, ha delineato come scelte gestionali, apparentemente tecniche ma gravissime, abbiano concorso in modo determinante nel disastro.
L’accusa ha focalizzato l’attenzione su una serie di valutazioni e procedure adottate negli anni ’90, che hanno portato all’introduzione di metodologie di controllo e monitoraggio strutturale ritenute inadeguate e potenzialmente fuorvianti.
Al centro della ricostruzione investigativa vi è la revisione della convenzione tra Autostrade per l’Italia e Spea (Società per gli Scavi e le Infrastrutture), datata 1998, periodo in cui Ceseri ricopriva posizioni apicali all’interno dell’azienda.
I magistrati ritengono che tale revisione abbia rappresentato un punto di svolta negativo rispetto alla precedente convenzione del 1985.
Quest’ultima, a sua volta, si basava su una direttiva del 1967, che prevedeva un rigoroso sistema di verifiche periodiche – trimestrali, annuali e straordinarie – con l’obiettivo di garantire la stabilità e la sicurezza dell’infrastruttura.
Un elemento cruciale di questo sistema era la figura del responsabile di tronco Spea, individuato come coordinatore centrale di tutte le informazioni relative alla sicurezza del ponte.
La convenzione del 1998, secondo l’accusa, ha smembrato questo coordinamento, generando una carenza cronica di comunicazione e una frammentazione delle informazioni che, di fatto, hanno impedito una visione d’insieme e una valutazione accurata dello stato di salute del ponte.
La “spaccatura” del coordinamento ha reso più difficile l’identificazione tempestiva di potenziali criticità e ha contribuito a creare un clima di superficialità e compiacenza che ha preceduto il crollo.
La revisione del 1998, quindi, non è stata solo una modifica contrattuale, ma un’alterazione profonda del sistema di controllo e monitoraggio, che ha progressivamente eroso le garanzie di sicurezza, relegando in secondo piano la prudenza e la prevenzione.
L’analisi della convenzione, unita alla ricostruzione delle dinamiche interne all’azienda, mira a dimostrare come questa scelta abbia contribuito in modo significativo alla catena di eventi che hanno portato alla tragedia.
Pierluigi Ceseri, presente in aula e assistito dal suo legale, Mitja Gialuz, ha potuto seguire gli sviluppi dell’udienza, mentre la Procura continua a ricostruire il quadro delle responsabilità.
Il processo si preannuncia lungo e complesso, con l’obiettivo di fare luce sulle cause della tragedia e garantire giustizia alle vittime e ai loro familiari.