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Genova

Morte di Elton Bani: indagine sul taser e fragilità sociale

La tragica scomparsa di Elton Bani, operaio genovese di 41 anni, ha acceso un acceso dibattito pubblico e sollevato interrogativi urgenti sull’uso della forza da parte delle forze dell’ordine e sulle dinamiche di gestione di situazioni di crisi sociale.

La sua morte, avvenuta in seguito all’utilizzo di un taser, è ora oggetto di un’indagine complessa, volta a ricostruire con la massima accuratezza la sequenza degli eventi e a determinarne le responsabilità.
I primi risultati dell’autopsia, corroborati da esami tossicologici preliminari, hanno rivelato la presenza di tracce di cocaina nel sangue della vittima.

Sebbene la quantità e il timing dell’assunzione siano ancora da accertare con l’analisi completa degli esami, questa scoperta introduce una variabile importante nella valutazione delle cause del decesso.
L’obiettivo principale dell’inchiesta rimane comunque l’analisi critica dell’applicazione del dispositivo elettroshock e delle procedure seguite dai militari coinvolti.

L’avvocato Cristiano Mancuso, che assiste la famiglia Bani, sottolinea l’importanza di non distogliere l’attenzione dalle circostanze dell’intervento dei carabinieri: due applicazioni di taser alla schiena di un uomo disarmato, con la presenza di quattro militari presumibilmente addestrati a gestire situazioni di potenziale pericolo.
La richiesta è chiara: rispetto per la memoria di Elton Bani e un’indagine trasparente, al riparo da strumentalizzazioni che potrebbero depauperarne la dignità.
Un’analisi tecnica dei due taser sequestrati è in corso, con particolare attenzione ai dati memorizzati nella “scatola nera”.

L’esame si propone di verificare l’integrità e il corretto funzionamento dei dispositivi, escludendo eventuali manomissioni o malfunzionamenti che potrebbero aver contribuito al tragico esito.

Parallelamente, la Procura della Repubblica, guidata dalla pm Paola Calleri, ha aperto un’indagine nei confronti di due carabinieri, assistiti dall’avvocato Mario Iavicoli, consentendo loro di avvalersi di un consulente tecnico per partecipare attivamente agli accertamenti.

I risultati di questa consulenza verranno incrociati con i dati dell’autopsia, condotta dal medico legale Isabella Caristo, per delineare un quadro completo e coerente degli eventi.

Le prime indicazioni suggeriscono che Elton Bani sia stato colpito una volta di striscio all’addome e poi due volte alla schiena, generando quattro scariche elettriche complessive.
La procedura standard prevede l’utilizzo del taser alle spalle per minimizzare il rischio di arresto cardiaco, un dettaglio che solleva interrogativi sulle decisioni operative prese in quella specifica circostanza.
Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, l’intervento è stato preceduto da una chiamata al 118 da parte dei vicini, allarmati per un uomo in stato di agitazione e fuori controllo.

I militari hanno trovato Bani in strada, in auto e privo di documenti.
Dopo averlo convinto a seguirli in casa, l’uomo avrebbe reagito violentemente, colpendo i carabinieri con calci e pugni.
Questo episodio, cruciale per comprendere le dinamiche dell’escalation di violenza, sarà oggetto di un’attenta valutazione per accertare la proporzionalità della risposta da parte delle forze dell’ordine.
La vicenda di Elton Bani, quindi, non si riduce a una semplice indagine sulla morte di un uomo, ma apre un dibattito più ampio sulla gestione delle situazioni di fragilità sociale, l’uso della forza da parte delle istituzioni e la necessità di protocolli chiari e trasparenti per l’impiego di strumenti come il taser, al fine di preservare la sicurezza pubblica e i diritti fondamentali di ogni individuo.

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