La ricostruzione del disastro del Ponte Morandi, il 14 agosto 2018, si rivela sempre più complessa e dolorosa, emergendo dalle aule di giustizia come una concatenazione di negligenze, errori procedurali e scelte economiche discutibili. Il processo, che vede coinvolti 57 imputati, è ora illuminato dalle argomentazioni del pubblico ministero Marco Airoldi e del collega Walter Cotugno, i quali hanno presentato elementi cruciali per delineare il quadro delle responsabilità.Al centro dell’accusa vi è la questione delle prove riflettometriche, le cosiddette Rimt, documenti che avrebbero dovuto fornire indicazioni precise sullo stato di salute delle strutture del ponte. Secondo l’accusa, queste prove sono state manipolate e falsificate, compromettendo la capacità di programmare interventi di manutenzione adeguati. Un esempio lampante è la relazione del 2011 relativa al controllo della pila 9, quella che ha ceduto lato mare. La relazione, in modo del tutto inaccettabile, presenta incongruenze flagranti: segmenti di testo, originariamente riferiti alla parte “lato monte” della pila, sono stati deliberatamente incollati nella sezione relativa alla parte “lato mare”. Questo errore, subito rilevato, non ha portato a una correzione integrale, ma a una mera sostituzione delle parole, lasciando intatti gli errori strutturali. Un’operazione che suggerisce una volontà di mascherare una superficialità e una mancanza di competenza allarmanti.La questione delle Rimt si inserisce in un contesto più ampio di tagli indiscriminati alle risorse destinate alla manutenzione del viadotto. Il pubblico ministero ha evidenziato come, già nel 2012 e poi nel 2016, le relazioni di bilancio segnalassero una diminuzione delle prestazioni edili e professionali, direttamente collegate alla rete autostradale. Questa riduzione delle risorse, secondo l’accusa, è stata una conseguenza diretta della mancata revisione dei pedaggi autostradali, una scelta che aveva imposto alla società concessionaria di trovare altre fonti di finanziamento. La risposta, purtroppo, è stata quella di ritardare i lavori di manutenzione, dilazionandoli nel tempo e cercando di spalmare i costi su più esercizi finanziari. Questa strategia, apparentemente volta a garantire la continuità del servizio, si è rivelata una manovra imprudente che ha aggravato il rischio di un crollo.L’insieme di questi elementi – la manipolazione delle prove riflettometriche, i tagli alla manutenzione, la gestione finanziaria discutibile – contribuisce a dipingere un quadro inquietante di un sistema compromesso, in cui la sicurezza pubblica è stata sacrificata sull’altare del risparmio e della massimizzazione del profitto. Il processo è ora chiamato a stabilire con certezza i ruoli e le responsabilità di ciascun imputato, al fine di accertare la verità e di garantire giustizia alle vittime e ai loro familiari. La vicenda del Ponte Morandi, più che una tragedia, rappresenta una profonda riflessione sulla necessità di un controllo rigoroso e trasparente dei sistemi infrastrutturali, e sulla priorità assoluta da attribuire alla tutela della vita umana.
Ponte Morandi: Il Processo Svela Negligenze e Falsificazioni
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