La mobilitazione dei lavoratori portuali del Consorzio Autonomo di Lavorazione Portuale (Calp) a Genova si è concretizzata oggi in un gesto di forte contestazione, segnato da un corteo che ha attraversato il cuore del porto, esprimendo profonda preoccupazione per la presenza di assetto militare statunitense e potenziali esplosivi a bordo della nave Bahri Yambu.
L’iniziativa, partita con un presidio strategico ai varchi portuali, ha subito un’escalation quando un gruppo di manifestanti ha forzato l’accesso al varco Etiopia, dando vita a un atto simbolico con l’utilizzo di fumogeni, un segnale chiaro di allarme e dissenso.
Il corteo, animato da un sentimento di profonda insofferenza, ha poi spostato il fulcro della protesta nella zona di San Benigno, un’area significativamente legata alle attività della compagnia israeliana Zim, spesso al centro di dinamiche commerciali e geopolitiche complesse.
L’accatastamento e la successiva combustione di pneumatici, una pratica spesso associata a forme di protesta radicale, rappresentano un atto di sdegno contro le scelte operative che, a giudizio dei lavoratori, compromettono la sicurezza e l’autonomia portuale.
Le forze dell’ordine, in particolare la Digos e la polizia locale, hanno monitorato attentamente la situazione, garantendo la gestione della manifestazione e la prevenzione di ulteriori disordini.
La protesta ha poi raggiunto la sede di “Music for peace”, un’associazione promossa nel contesto di iniziative culturali e di dialogo, suggellando simbolicamente la conclusione della mobilitazione, sebbene non escludendo la possibilità di future azioni di contestazione.
L’episodio solleva interrogativi cruciali riguardanti la trasparenza delle operazioni portuali, la necessità di una maggiore sensibilizzazione delle autorità e delle compagnie di navigazione nei confronti delle preoccupazioni dei lavoratori e l’impatto delle dinamiche internazionali sulla sicurezza e l’indipendenza dei porti italiani.
La vicenda evidenzia, inoltre, la tensione tra il diritto di protesta e la necessità di garantire l’ordine pubblico, ponendo al centro un dibattito più ampio sui confini della libertà di espressione e la responsabilità delle istituzioni nel garantire la sicurezza collettiva.